L’INTROVERSIONE NON È UNA MALATTIA

L’INTROVERSIONE NON È UNA MALATTIA

 

“Dentro il cuore c’è uno specchio dove non si è guardato nessun uomo.

Kabīr, mistico e poeta indiano

 

 

 

Ogni mattina ti prepari, ti guardi allo specchio, controlli che tutto sia in ordine e ti appresti a uscire per conquistare il mondo (ho esagerato, ma l’immagine risulta poetica).

Ora, mi chiedo: perché non facciamo la stessa cosa a livello interiore? Credi che gli altri non vedano le tue crepe?

Curiamo in maniera ossessiva il nostro aspetto esteriore, ma non facciamo altrettanto con quello interiore.

In fondo uno è lo specchio dell’altro.

Hai mai riflettuto sulle proprietà dello specchio? Hai mai riflettuto sul fatto che riflettere è un’azione fisica, ma anche un’azione mentale?

 

Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia

 

Adoro questa frase di Jung: è un invito spassionato all’introspezione, quella coraggiosa.

Ermete Trimegisto (personaggio che non si capisce se sia leggendario o se sia vissuto davvero) tanto tempo fa disse: “Come in alto così in basso, come dentro così fuori”.

Frase ermetica, ma che dice molto a chi è abituato a un po’ di introspezione.

Te la dico in parole più semplici. La realtà che ti circonda è uno specchio del tuo mondo interiore. Questo significa che se c’è qualcosa che nella tua vita non ti piace, devi cambiare qualcosa dentro di te.

Si chiama responsabilità totale.

Le mie parole possono spaventare: in effetti, squarciano il velo delle bugie che, senza volerlo, di solito ci raccontiamo per sopravvivere.

Se anche tu aspiri a qualcosa di più della semplice sopravvivenza, ti serve un atto di coraggio per iniziare a vivere: impara a conoscere il tuo interno per trasformare il tuo esterno.

Scusa i giochi di prospettive, sono voluti.

 

L’introversione e la rivoluzione contemporanea

 

In un momento in cui va di moda guardare fuori, noi iniziamo a guardare dentro.

Invertire la rotta può essere un’azione intelligente e visionaria.

Che ce ne facciamo di tutto il progresso se non conosciamo il mondo interiore di una persona?

Eppure l’introversione (che letteralmente significa “rivolto verso l’interno”) è vista quasi come una malattia.

“Eh, mio figlio è introverso, non so come fare”, “Sai, il mio partner è introverso e non sta bene, puoi aiutarmi?”, “È una persona introversa, poverina” e cose del genere.

Se poi vai a guardare nel vocabolario, alla voce introverso trovi: “Portato a chiudersi nel proprio mondo interiore per timidezza o per egoistico ed esclusivo interesse verso la propria persona; diffidente o addirittura ostile nei riguardi dei contatti umani e dei rapporti sociali”.

Dio mio, ma voi non state bene!

L’introversione non è la peste bubbonica. A volte è segno di un temperamento rivolto allo studio interiore e questo è molto bello, altre volte di una difficoltà ad aprirsi al mondo esteriore e ci si può lavorare. Ma non per questo l’introversione è una cosa negativa.

Introspezione e introversione sono due cose che amo molto: denotano grande intelligenza e sensibilità.

In ogni azienda (piccola o grande che sia) ci vorrebbe uno spazio dedicato allo studio interiore e all’analisi delle dinamiche mentali ed emozionali dell’essere umano. Praticamente un Laboratorio Umanistico.

Sto lavorando perché ciò avvenga.

Oltre all’universo là fuori, c’è un universo dentro a noi tutti che aspetta di essere scoperto.

Il viaggio più affascinante che tu possa fare.

 

Semper Ab Intra Age

 

 

 

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Trovi validi suggerimenti per affrontare al meglio questo imminente cambiamento epocale.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

PROFESSIONE: ESSERE UMANO

PROFESSIONE: ESSERE UMANO

 

“Ogni persona è un essere unico e di fatto la più grande opera d’arte di tutti i tempi.”

Thomas Bernhard

 

 

Ho creato il Metodo R per fornire un servizio di formazione umanistica a Manager e a Professionisti.

Perché?

Perché il mondo là fuori sta evolvendo molto velocemente, mentre l’essere umano, là dentro, non sta evolvendo con lo stesso ritmo.

Ne ho parlato più volte: sappiamo tutto di come funziona una macchina o un programma, e non sappiamo niente di come funziona la persona che collabora con noi ogni giorno. Al peggio, non conosciamo nemmeno noi stessi.

Questo non è sano.

Cosa significa “formazione umanistica”?

Spesso nel mondo professionale questo tipo di intervento viene etichettato come formazione per la “gestione delle risorse umane”. Già detta così fa davvero tristezza.

Come se gli esseri umani fossero risorse da gestire, invece che uomini e donne da ispirare.

Manca quell’approccio vero alla persona, quel desiderio di comprensione profonda, quella conoscenza umanistica che in ambito professionale ora, nel 2022, può fare davvero la differenza.

 

Pezzi d’arte unici

 

Trattare i collaboratori e i clienti come pezzi d’arte unici: ecco ciò che distingue una prestazione professionale media da una prestazione professionale al top. 

Quando hai a che fare con un tuo collaboratore, una tua assistente o un tuo cliente, quanto conosci di lui o di lei e del suo mondo interiore?

Probabilmente ti limiti a usare dei protocolli comunicativi che ti hanno detto che funzionano. Sorrisi, empatia, rottura del ghiaccio, tecnica del ricalco se si tratta di un cliente, motivazione, lavoro per obiettivi, monitoraggio dei risultati se si tratta di un collaboratore.

Tutte cose utilissime.

Ma c’è molto di più oltre quei protocolli, c’è un oceano di conoscenza che riguarda l’essere umano e che, di conseguenza, riguarda direttamente anche te.

La formazione umanistica di cui ti parlo riguarda:

  • l’anatomia sottile dell’essere umano: corpo, emozioni, mente, spirito
  • il collegamento tra corpo, emozioni e pensieri e come questi si influenzano a vicenda
  • la conoscenza del Codice Umano: ognuno di noi ha un “DNA caratteriale” per intenderci
  • la comunicazione interna consapevole (quello che dici a te stesso)
  • la comunicazione esterna consapevole: una comunicazione davvero efficace è fatta di comprensione profonda e non di regole protocollate
  • il riconoscimento del proprio e dell’altrui talento
  • le aree di miglioramento ossia le lezioni da imparare
  • l’equilibrio interiore
  • la creazione della propria realtà (la potenza del pensiero muta il destino)
  • la consapevolezza della squadra

 

Ce ne sono molti altri, tanti sono gli argomenti da conoscere, da approfondire e, soprattutto, da METTERE IN PRATICA. 

Quando parliamo di crescita personale (e professionale), dobbiamo considerare sia l’interno che l’esterno. Gli Alchimisti direbbero sia il Microcosmo, che il Macrocosmo.

Per esempio, quando ti interfacci con un tuo collaboratore, sai come tirare fuori il meglio da lui? O lo tratti come tratti gli altri?

Quello che voglio dirti è che tu devi imparare a personalizzare l’intervento se vuoi rispettare la natura profonda di chi hai di fronte (questo vale anche quando hai a che fare con te stesso).

E nel fare questo hai due vantaggi: un maggior rendimento in termini professionali (e quindi un maggior guadagno) e la grande soddisfazione di aver aiutato una persona a sbocciare.

Alla fine del giro di giostra, tra tanti anni, il Servizio (ovvero quanto avrai contribuito per migliorare questo mondo) è la moneta con cui pagherai il tuo traghettatore.

In questa ottica, la formazione umanistica è di vitale importanza.

Pensaci.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Avrei potuto fare leva sulle tue emozioni scrivendo un articolo carico di motivazione e di belle parole. Ma ho preferito non offendere la tua intelligenza.

 

 

 

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Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
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IL LAVORO NOBILITA L’UOMO. DIPENDE

IL LAVORO NOBILITA L’UOMO. DIPENDE

 

“L’amore e il lavoro sono per le persone ciò che l’acqua e il sole sono per le piante.

Jonathan Haidt

 

 

 

Il mondo del lavoro (come quello della scuola) andrebbe completamente  rivoluzionato.

Ma questa non è una novità.

“Il lavoro nobilita l’uomo”. Dipende. In un mondo eretto su giuste basi sì, dovrebbe farlo.

Invece molti individui si trascinano per 8 ore al giorno facendo qualcosa che non amano fare. E i risultati puoi immaginare quali siano.

Non voglio entrare nel merito di questo discorso perché la questione è molto complessa e non può essere affrontata in poche righe. Tuttavia, qualche riflessione penso sia utile a tutti noi.

Molto spesso alle persone viene chiesto di fare qualcosa che non sono in grado di eseguire o che non è propriamente nelle loro corde. E loro nemmeno lo sanno.

Questo succede perché:

  • non conosciamo noi stessi
  • non conosciamo gli altri

Nonostante questo, le persone spesso si sforzano e si impegnano; qualcuno perché ha bisogno di gratificazioni esterne, qualcun altro perché ha un buon senso del dovere che lo costringe a essere sempre sul pezzo. Eppure, i risultati non arrivano o la frustrazione cresce (spesso entrambe).

Mettere qualcuno nel ruolo di fare qualcosa senza che sia nelle sue corde porta a risultati scandenti, molto scadenti. Sia in termini di numeri, che di emozioni.

È sempre la stessa storia, possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma poi torniamo sempre lì: dobbiamo ripartire dalle persone.

Una rivoluzione va fatta: io sono per un mondo professionale uomo-centrico, nel quale i numeri e il fatturato siano la conseguenza di uno sviluppo personale e spirituale dell’essere umano.

Chimera?

Forse, ma solo chi è tanto folle da pensare di poter cambiare il mondo lo cambia davvero, diceva Albert. Io, per non sbagliare, faccio la mia parte.

 

La selezione dei talenti umani

 

Quando selezioni nuovi collaboratori o quando assumi qualcuno nel tuo staff, quanto sei impegnato a comprendere chi hai di fronte e quale potrebbe essere la sua realizzazione personale?

Cerchi di comprendere le sue emozioni, le sue sfide personali, i suoi sogni, le sue aspirazioni? Conosci la biologia che lo domina? 

La risposta è no. Lo so e non mi stupisco. Non sarei qui a scrivere articoli come questi.

Ogni essere umano (che sia una segretaria, un consulente, un capo reparto o un operaio) è un universo fatto di sogni, di pensieri, di emozioni, di sfide interiori e di talenti da esprimere.

Non puoi pensare a lui in termini di fatturato, non solo per lo meno.

Puoi anche farlo, ma non rimanere deluso se la persona che hai selezionato ti tradirà con un altro manager, con un’altra azienda o con un altro professionista.

Vedi, la vita è troppo breve per avere relazioni prive di valore. 

Una relazione professionale è come una relazione d’amore, a un altro livello.

Se non sei veramente interessato all’altro, ma sei spinto solo da bisogni del tuo ego, prima o poi la relazione avrà una fine. E spesso finirà con un tradimento.

I tuoi collaboratori (o futuri tali) sono persone con precise esigenze interiori, anche se non lo danno a vedere. 

C’è una grande verità che spesso dimentichiamo: l’essere umano ha bisogno di essere amato e valorizzato, non solo nella sua vita personale, ma anche in quella professionale.

Nella selezione di un candidato (o nella gestione della tua squadra), scegli sempre con il cuore. E con questo non intendo quel sentimentalismo inutile e patetico, ma quella capacità che ha l’essere umano di utilizzare la mente profonda (non quella che blatera tutto il giorno per intenderci), la quale sente e “ragiona” in maniera molto più profonda, precisa e veritiera.

Se questo “sentire” non è nelle tue corde, affiancati a un professionista esterno che lo faccia per te.

Perché, ricorda, la frustrazione del tuo collaboratore è anche la tua frustrazione.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. La prossima volta che assumi qualcuno, pensa a queste parole. Forse farai qualcosa che non hai mai fatto (e avrai risultati che non hai mai avuto).

 

 

 

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LA SANA ABITUDINE DELLE  EMOZIONI SUPERIORI

LA SANA ABITUDINE DELLE EMOZIONI SUPERIORI

 

“Essere depressi è un’abitudine; essere felici è un’abitudine; la scelta spetta a te.

Tom Hopkins 

 

 

 

Avere sane abitudini fa bene al corpo.

E non sto parlando di alimentazione, di attività fisica e di camminate all’aria aperta. Qui cadiamo nell’ovvio.

Sto parlando invece di alimentare altri tipi di abitudini (alla faccia di chi le vuole rompere), come per esempio leggere, ascoltare musica classica, allenare la gratitudine e, più in genere, provare emozioni superiori.

Non si tratta di fare i buonisti; questa roba va bene per chi non sa gestire la vita nel mondo materiale. Si tratta piuttosto di conoscere alcune leggi “sottili” che governano la vita in generale e la tua in particolare.

Cosa sono le emozioni superiori? E perché provare gratitudine, per esempio, fa bene al corpo?

Andiamo per ordine.

 

Le emozioni superiori

 

Ti sarà capitato di provare commozione davanti a una scena spettacolare della natura, magari un tramonto, un cielo stellato o un arcobaleno particolarmente bello. 

Come ti sei sentito in quel momento? Tiro a indovinare: da Dio.

Ecco, in quel momento tu stavi provando un’emozione superiore.

In Alchimia si è soliti distinguere le emozioni inferiori (rabbia, frustrazione, paura, tristezza, apatia, invidia, ecc.) dalle emozioni superiori (gratitudine, perdono, amore, ammirazione, fiducia, entusiasmo, operosità, ecc.).

“Inferiore” e “superiore” sono espressi senza nessuna accezione morale. 

Nella via di trasformazione una delle prime cose che si impara a fare è andare oltre la connotazione morale (che è soggettiva e dettata dalla maturità individuale). 

In termini pratici, l’Alchimista è uno scienziato di se stesso. 

Sta di fatto che le emozioni inferiori portano con sé una bassa frequenza, mentre quelle superiori una alta. Ecco cosa ti deve interessare.

Vivere circondato da alte frequenze permette al tuo corpo di produrre certi tipi di sostanze (gli ormoni) benefiche alla tua biochimica. Va da sé che emozioni inferiori stimolano la produzione invece di sostanze nocive, veri e propri veleni. 

 

Il ponte tra spirito e materia

 

Cosa permette alla gratitudine di trasformarsi in benessere fisico?

Questa è una questione che ha occupato la mia mente per molti anni della ricerca, soprattutto quelli iniziali.

Un’emozione può divenire biochimica (quindi materia) grazie a un processo sofisticato del sistema endocrino: questa è Alchimia pura! È una delle tante meraviglie del corpo umano.

Cosa significa questo in termini pratici?

Che provare emozioni superiori fa bene alla tua salute fisica e al tuo sistema immunitario. Oltre che alla tua salute mentale.

Allora, è inutile che tu sia vegano, salutista, vegetariano o crudista. Se non curi di pari passo anche l’alimentazione mentale e spirituale sarai comunque, alla lunga, una persona debole e malata. 

Il consiglio che ti do se vuoi coltivare la felicità e il benessere nella tua vita è quello di crearti delle sane abitudini quotidiane. Le abitudini sono una delle vie migliori per restare in salute, fisica e mentale.

Il tuo corpo non ha forse un orologio biologico che gli impone determinate azioni ogni giorno (mangiare, dormire, riposarsi, ecc.), meglio poi se alla stessa ora? Per lo spirito non è diverso.

Leggi la biografia di qualcuno che ti piace, che ha ispirato il tuo lavoro o parte della tua vita. Scoprirai che la sua grandezza è proporzionale all’impegno quotidiano speso in abitudini sane. 

Più abitudini sane, più emozioni superiori. Più emozioni superiori maggiori ormoni del buonumore. Più buonumore più salute e forza fisica. Più forza fisica, maggiore ispirazione e di conseguenza maggiori risultati (professionali e personali). Più risultati e più emozioni superiori. E così via, in un circolo virtuoso all’infinito.

Ricorda, la conoscenza è un tesoro, ma la PRATICA è la chiave.

Buon allenamento.

 

Semper Ab Intra Age

 

 

 

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L’ESTERNO È INTERNO

L’ESTERNO È INTERNO

 

“Questo è il grande principio dell’Alchimia: si può fare all’esterno solo ciò che si è già in grado di fare all’interno”.

Salvatore Brizzi

 

 

Con buona probabilità la tua vita non è perfetta e le aspettative che hai sugli altri vengono spesso disilluse. 

Di chi è la responsabilità? Tua o del mondo cattivo?

Dobbiamo partire da qui se vogliamo avere in mano la realizzazione della nostra vita. Non dagli interventi motivazionali.

Questo dice il grande principio dell’Alchimia: si può fare all’esterno solo ciò che si è già in grado di fare all’interno.

È un bel pugno in faccia.

In effetti è molto più comodo pensare che io sono bravo, buono ma sfortunato; sono gli altri e il mondo che hanno qualcosa che non va!

Ci sono mille motivi che il terrestre medio addita come responsabili quando non riesce in qualcosa, invece di guardarsi dentro e realizzare che il “problema” è suo. “Sono sfortunato”, “lui è un incompetente”, “il mondo va a rotoli”, “questo non è giusto”, e via dicendo, in un crescendo di quelle che io ho definito le litanie dell’incapace (incapace di assumersi la responsabilità, non incapace di fare qualcosa).

Onestà signori: guardarsi dentro, sempre.

Il primo punto da cui partire è la consapevolezza chiara che tutto ciò che ti aspetti dagli altri o dalla vita devi prima averlo ottenuto dentro di te.

Cosa significa questo?

  • PRETENDERE DENTRO PER OTTENERE FUORI

Quando chiedi qualcosa a qualcuno, devi prima averlo chiesto a te stesso.

Che sia un risultato, un atteggiamento, un modus operandi, più puntualità, maggior disciplina o amore incondizionato, la cosa non cambia.

Se manchi di questo passaggio fondamentale, la tua vita non sarà credibile.

  • LA COMUNICAZIONE

Non puoi chiedere agli altri di comunicare in maniera efficace, se prima non hai imparato a comunicare in maniera chiara e onesta con te stesso.

Comunicare con se stessi non è facile, pochi lo fanno. Per farlo devi conoscerti  a fondo e saper governare la vocina che senti dentro la testa (il tuo dialogo interno).

  • COMPRENDERE IN PROFONDITÀ GLI ALTRI

Per capire a fondo gli altri, devi prima capire a fondo te stesso. Qui non c’è molto da aggiungere.

 

L’interno è esterno

 

Prima di gestire in modo efficace qualcun altro (che sia un collaboratore o un figlio) o qualche situazione nella vita, devi essere in grado di gestire te stesso. Da qui non si scappa.

Il grande principio dell’Alchimia non ammette deroghe: si può fare all’esterno solo ciò che si è già in grado di fare all’interno.

Può sembrarti una visione scomoda, in fondo è più facile guardare fuori, criticare e lamentarsi.

Ma io ti sto dando una chiave di lettura diversa, perché penso che la tua intelligenza lo meriti.

A un certo punto della tua vita ti accorgerai che rincorrere cose e situazioni all’esterno non ti porterà da nessuna parte. Mettiamola così: agire all’esterno senza farlo all’interno è come pettinare lo specchio quando ti vedi spettinato. Difficilmente avrai dei gran risultati.

Scoprirai con grande sorpresa che quando punti tutto sul miglioramento dell’interno, l’esterno migliora di riflesso.

Perché funziona così, quello che costruisci all’interno te lo ritrovi all’esterno.

Tu continua pure con i corsi motivazionali in aula. Ma non stupirti se le cose non cambiano. 

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Quello che ti sto dicendo ha a che fare con il concetto di Responsabilità. Riuscire a costruire la realtà esterna partendo dall’interno è prerogativa della gente illuminata.

 

 

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