LA LIBERTÀ È UNA CONQUISTA INTERIORE

LA LIBERTÀ È UNA CONQUISTA INTERIORE

 

“Nessuno è libero se non è padrone di se stesso.“

Epitteto

 

 

 

“Nessuno è libero se non è padrone di se stesso.“ 

Una frase che in pochi hanno capito. Eppure in queste dieci parole si nasconde un “dettaglio” che può fare la differenza nella vita.

Quando prendiamo in esame il concetto di libertà, ci riferiamo di solito a qualcosa di esterno a noi, tipo libertà di espressione, libertà di scegliere il lavoro che ci piace, libertà da legami, libertà da vincoli di orario imposti da altri, libertà di fare quello che ci piace, ecc.

Ok, ma facciamo un passo in più: proviamo a interiorizzare il concetto di libertà. Cosa significa questo?

Spesso mi sento dire: “Io sono libero di fare quello che voglio”.

Ma questo non è vero.

Quando una persona fa un’affermazione di questo tipo, è davvero libera interiormente e compie una scelta cosciente di agire in una determinata maniera o semplicemente re-agisce sotto l’impulso di un automatismo interiore più o meno conscio? 

C’è una grande differenza.

Per esempio, ti è mai capitato di non fare il tuo allenamento quotidiano (quello che ti eri programmato di fare), pensando di essere libero di decidere?

Beh, la cattiva notizia è che non l’hai deciso tu. Semplicemente sei stato vittima (più o meno consapevole) della tua pigrizia, cioè di un meccanismo interiore automatico che tende a non fare fatica: “ma sì dai, lo farò domani” (si chiama deriva inerziale).

La bella notizia è che puoi, tramite una buona disciplina interiore, liberarti dagli automatismi che decidi non essere utili e salutari per te.

Certo, costa fatica. I traguardi raggiunti non sono mai gratis. Chiedilo a un qualsiasi sportivo professionista.

L’allenamento mentale non differisce molto da quello fisico: costa fatica e richiede costanza.

 

I comandi inconsci

 

Noi esseri umani “funzioniamo” attraverso dei comandi che guidano il nostro agire, e questi comandi si chiamano emozioni.

Aver voglia o non aver voglia si concretizza nel nostro sentire attraverso un’emozione.

Essere liberi da questi comandi (in altre parole saper gestire le emozioni e i propri meccanismi interni) presuppone una conoscenza di se stessi e un lavoro interiore che ogni persona dovrebbe fare se vuole essere considerata una persona libera. Altrimenti sono chiacchiere.

Ecco cosa intendeva Epitteto con quella frase. Trattandosi di un filosofo greco che ha conosciuto la vita dello schiavo ci si potrebbe aspettare che Epitteto possa dirci molto sulla differenza tra libertà e schiavitù, con lunghe elaborazioni sulla nascita libera e uguale di tutti gli uomini e sui diritti politici e civili. Ma non è così. 

Essere liberi corrisponde a autodeterminare la propria volontà; in altre parole, essere liberi significa avere il controllo sui propri desideri.

Messa così, la libertà diventa il risultato di un lungo lavoro interiore, non semplicemente un traguardo raggiungibile all’esterno.

Più vado avanti nella mia ricerca e nella mia pratica, mi rendo conto che avevano ragione gli Alchimisti: fare sempre prima all’interno ciò che si desidera ottenere all’esterno.

“Come posso dunque essere una persona libera?”

Attraverso un lungo allenamento, con tanta PRATICA.

Se vogliamo conquistare la nostra personale libertà dobbiamo lavorare interiormente attraverso una rigorosa (ma giocosa) disciplina. In altre parole, dobbiamo farci il mazzo.

Nessuna grande opera si compie in un giorno e senza sforzo.

E noi siamo l’opera più importante a cui dedicare energie e attenzione. Tutto il resto, all’esterno, è solo una logica quanto inesorabile conseguenza.

 

Semper Ab Intra Age

 

 

 

 

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Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

SERVE UN ATTO RIVOLUZIONARIO

SERVE UN ATTO RIVOLUZIONARIO

 

“Non importa quanti soldi facciamo, non importa quanto potere accumuliamo, non importa quante promozioni ci vengono date, nessuno di noi sarà mai dichiarato vincitore della vita”.

Simon Sinek

 

 

 

Negli ultimi due anni 600.000 persone hanno cambiato lavoro.

L’altro giorno parlavo con un un professionista con il quale collaboro e si discuteva su questo dato impressionante.

Cosa ha spinto tutte queste persone a fare un cambio drastico della loro vita professionale in questi ultimi tempi?

Un dato su cui riflettere.

La crisi che stiamo vivendo non è solo economica e finanziaria, ma anche e sopratutto una crisi di valori e di prospettive. Le persone sono confuse e frustrate, come mi confermano molti professionisti con cui mi confronto ogni santo giorno.

Ho come l’impressione che ci siamo persi da qualche parte, tra le cifre dei registri contabili. Così abbiamo smarrito anche il senso che vogliamo dare alla nostra vita. Con la furia di guardare fuori, ci siamo dimenticati di guardare dentro.

Questa crisi tutto sommato è una benedizione: è un’ottima opportunità per iniziare a guardare da un’altra parte, o meglio, per iniziare a guardare in modo diverso. In fondo, i momenti difficili sono sempre serviti a questo, a trovare nuove prospettive dalle quali ripartire.

Questo vale anche per il mondo professionale.

Lavoriamo 8 ore al giorno (per qualcuno le cose sono un po’ diverse, ma restiamo generici).

Possiamo passare un terzo della nostra vita a produrre fatturato senza tener conto dello sviluppo e dell’espressione delle nostre qualità?

Sbroccare è il minimo, significa essere sani di mente (sembra un paradosso, ma non lo è).

Ecco cosa ha spinto quei 600.000 individui a cambiare lavoro: la ricerca di un senso profondo da dare alle loro giornate, al di là del conto in banca.

 

La Rivoluzione Umanistica

 

Insieme a tanti altri settori, anche quello del lavoro va ribaltato come un calzino. E io sono qui per farlo.

La vita è troppo breve per non investire sulla realizzazione dei propri talenti.

Il fatturato ha sempre affascinato, ma spesso si è rivelato uno specchietto per le allodole. Tutti noi abbiamo un appuntamento con il destino, e quando ci arriveremo meglio essere pronti, non solo ricchi. 

O meglio, essere ricchi dentro, non solo fuori.

Il fatturato dovrebbe essere la logica conseguenza della felicità che mettiamo in ciò che facciamo, non il fine per il quale ci sbattiamo ogni giorno.

Siamo pronti a mettere in discussione le nostre credenze e il nostro operato? Perché di questo stiamo parlando nel 2022.

Se il mondo là fuori è in crisi un motivo c’è. Non c’entra solo la classe politica o il cattivo di turno.

Dai saggi di ogni epoca ho imparato a guardare dentro, non fuori. Così era per gli Alchimisti, per i Greci antichi, per gli orientali e per i grandi studiosi della mente del ventesimo secolo.

Vuoi cambiare il mondo? Inizia a cambiare te stesso.

C’è un estremo bisogno di umanità, di spiritualità, di filosofia, di bellezza e di poesia, non solo di numeri. Così nella vita come nel lavoro.

Nostro il compito di farci portatori del cambiamento.

E non preoccuparti dei numeri. Arriveranno come logica conseguenza.

 

Semper Ab Intra Age

 

 

 

 

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Chiara Pierobon

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LA VERITÀ SULL’OTTIMISMO

LA VERITÀ SULL’OTTIMISMO

 

“Ognuno desidera che la vita sia semplice, sicura e senza ostacoli; ecco perché i problemi sono tabù. L’uomo vuole certezze e non dubbi, risultati e non esperienze, senza accorgersi che le certezze non possono provenire che dai dubbi e i risultati dalle esperienze”.

Carl Gustav Jung

 

 

“Andrà tutto bene”.

“Pensa positivo”.

“Ne usciremo più forti di prima”.

Benvenuti al Festival del “io penso positivo ad ogni costo”.

Per carità, ben vengano questi messaggi incoraggianti e pieni di entusiasmo. Sempre meglio delle lamentele (veleno dell’umanità).

Scommetto che anche a te, in qualche corso, hanno insegnato a pensare positivo. E scommetto che hai cercato di applicare il consiglio, ma non sempre ha funzionato.

Perché?

Sono anni che studio (soprattutto attraverso la pratica) l’effetto che ha il nostro pensiero su quello che costruiamo nella nostra vita. Ti assicuro, la materia è tutt’altro che semplicistica.

Ma all’era contemporanea piace il semplicismo. È rassicurante e privo di  quei rischi che invece offre la profondità.

Quando pensi positivo a tutti i costi, perdi di vista l’analisi oggettiva e spietata della realtà. In questa realtà (che non sempre è piacevole) trovi sfide importantissime che ti fanno crescere, trovi lezioni importanti da imparare.

 

Ottimismo e dintorni

 

Dicono che l’ottimismo sia un pregio e in questo posso essere d’accordo. Ma cos’è esattamente l’ottimismo?

L’ottimismo è una capacità della mente di orientarsi alla soluzione, non è la rimozione del problema (rileggi questa frase almeno un’altra volta).

Allenare la mente all’ottimismo si può, ma costa sacrificio e impegno.

Quando sei in grado di affrontare i problemi (per quanto grossi essi siano) di guardarli in faccia e di chiamarli con il loro nome, allora lì inizi a sviluppare forza interiore. E l’ottimismo che provi è genuino.

Tutto il resto è frutto di un atteggiamento superficiale e inconsistente. Un bagliore di luce in un oceano di tenebre.

Ci abituano ogni giorno alla rimozione dei problemi e della fatica.

C’è una crisi sociale? Andrà tutto bene!

Le bollette sono alle stelle? Sii resiliente!

Le persone sono impaurite? Stiamo entrando nella nuova Era!

E cazzate del genere.

Questo modo di affrontare la realtà crea individui deboli, fragili e privi di un centro interiore di consapevolezza.

Una fragilità che è soprattutto mentale. Lo vedo ogni santo giorno.

Allora, per non sbagliare, tu pensa pure positivo.

Però assicurati che il tuo atteggiamento positivo sia frutto di una reale capacità di affrontare il problema (qualunque esso sia), e non di un effimero entusiasmo prodotto da un moto interiore temporaneo e privo di consistenza. 

Se vuoi essere forte devi allenare la tua mente e il tuo spirito alle difficoltà.

Atteggiamento, capacità di “stare” nel dolore e nella difficoltà, rettitudine di pensiero, controllo della tua mente, abilità nel gestire le tue emozioni, grande perseveranza e fiducia illimitata: ecco cosa ti serve per atterrare in piedi nella fase successiva che ci aspetta.

Ricorda che qualsiasi tipo di problema o di difficoltà nasce in origine per rafforzare il tuo spirito.

E più grande è il disagio, più grande diventerà la tua Forza.

Perché, si sa, “nessun mare calmo ha mai prodotto un marinaio esperto”.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Il pensiero positivo funziona solo se prima scendi all’inferno. Quando riesci ad essere ottimista stando in mezzo alle fiamme, allora sei a buon punto.

 

 

 

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CONOSCI TE STESSO, PRATICA TE STESSO

CONOSCI TE STESSO, PRATICA TE STESSO

 

“La cosa che è veramente difficile, e anche davvero incredibile, è rinunciare ad essere perfetti ed iniziare il lavoro di diventare se stessi.

Anna Quindlen

 

 

 

“Nosce Te Ipsum”.

Questo era scritto fuori dal Tempio di Apollo a Delfi. Un monito che è passato inosservato, a quanto pare.

Quando ero giovane, pensavo che tutta la disquisizione filosofica che riguarda l’essere umano fosse una figata, un modo per usare la testa in maniera diversa, più astratta. Mi permetteva di creare nuovi mondi interiori e, in un certo grado, di fuggire da una realtà piatta che mi stava stretta.

Più tardi, con l’esperienza degli anni, ho compreso come certe frasi incontrate nel mio cammino erano state dette per essere messe in pratica.

“Camminare le proprie parole” non è facile. È molto più semplice farsi sedurre dalle parole che metterle in PRATICA.

Succede spesso.

Si frequenta un corso di formazione con un relatore bravo e si esce da lì al settimo cielo. Poi la deriva inerziale delle nostre abitudini ci fa scivolare nella solita routine, con tutti quei comportamenti di noi che vorremmo modificare.

Eppure non può essere che non ci sia spazio e libertà di cambiamento. Lo diceva anche Kant.

Qual è dunque l’ingrediente che ci permette il cambiamento?

La PRATICA. E per praticare ci serve VOLONTÀ.

Volontà, pratica, libertà sono strettamente connesse, tanto da permetterci il cambiamento.

 

Conosci te stesso

 

Tutti vorrebbero essere felici e in pace con se stessi. Ma quanti sono disposti a farsi il mazzo?

Perché di questo si tratta.

Se vogliamo produrre un cambiamento all’esterno, nella nostra vita, siamo sfidati a cambiare l’interno, ossia noi stessi. Di questo ne ho parlato molte volte.

Tuttavia per modificare te stesso devi prima conoscere te stesso. Non nella teoria, ma nella pratica. 

Io ci ho messo parecchi anni per conoscere me stessa. Tanta teoria, ma soprattutto, tanta pratica.

In questi anni, per mettere a frutto il mio lavoro di ricerca, ho ideato una mappa della Personalità.

Cos’è?

Semplice, è uno strumento per conoscere se stessi e per favorire una sana introspezione. È il mio personale omaggio ad Apollo.

Cosa ti aiuta a capire?

  • chi sei e come funzioni
  • quali sono i tuoi talenti e le tue predisposizioni
  • cosa devi imparare (i cosiddetti difetti non sono difetti, sono lezioni da imparare)
  • qual è il tuo cervello predominante (la biologia del tuo modo di essere)
  • quali sono le emozioni e gli stati mentali che provi normalmente 
  • qual è la tua missione di vita
  • qual è la tua segnatura fisica (il linguaggio non verbale che ti caratterizza)

 

A cosa ti serve?

A essere consapevole di te. Questo cambia completamente la visione che hai di te stesso e della tua vita.

Il cambiamento è spesso un cambiamento di prospettiva: la consapevolezza crea la realtà. Quando cambia la visione che hai di te stesso, cambia la visione che hai del mondo: questa è una logica conseguenza.

Penso che il primo passo per costruire un mondo migliore parta da noi e dalla consapevolezza che riusciamo a sviluppare.

Se sei interessato a conoscere te stesso, scrivimi in privato.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Smetti di guardare fuori e inizia a guardare dentro. La partita si gioca qui.

 

 

 

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RESILIENZA SÌ, RESILIENZA NO

RESILIENZA SÌ, RESILIENZA NO

 

“Io sono padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima”

William Ernest Henley

 

 

 

Resilienza. Oggi va di moda.

Sembra che per essere al passo coi tempi devi essere un leader gentile, inclusivo e resiliente. 

Non sto a disquisire come sia giusto essere o meno, non è quello che qui mi interessa. 

Quello su cui voglio puntare i riflettori è la ripetizione a pappagallo di frasi e di ideologie più o meno valide. Parole che poi puntualmente non vengono camminate (“cammina le tue parole” è un vecchio detto che rende bene l’idea).

Quando un concetto è sulla bocca di tutti, bisogna fermarsi a riflettere.

 

Cosa significa “essere resiliente”?

 

Il termine resilienza arriva dal mondo metallurgico e denota la “qualità” di un metallo di resistere alle forze applicate. Nel vocabolario, la resilienza viene descritta come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.

Parlando di sinonimi e contrari, la resilienza è quindi l’opposto del termine fragilità.

Viviamo nell’epoca degli eroi e dei supereroi (o presunti tali), in cui ti insegnano a resistere a qualsiasi cosa, persino alle cose che ti fanno male.

Per essere resiliente devi sopportare i dolori (e le ingiustizie) senza lamentarti e senza disperarti, essere coraggioso e adattarti alle situazioni più difficili (o alle situazioni imposte). Tutto bello, storia da super eroe. Peccato che la vita di ognuno di noi sia un po’ diversa.

Che poi a dirla tutta anche i supereroi hanno il loro lato ombra e la loro fragilità manifesta è carica di significato simbolico (pensa al Cavaliere Oscuro della saga di Batman, per esempio). Ma questo è un altro discorso.

La resilienza può trasformarsi allora in una sorta di lotta contro la fragilità. Assurdo e poco funzionale.

La fragilità non è una debolezza, ma una raffinatezza. Solo chi è veramente forte può mostrare la sua fragilità.

 

Dall’etimologia una chiave di lettura

 

Quando mi trovo in dubbio sul significato profondo di un termine, ricorro all’etimologia, cioè all’origine del termine stesso. 

Il termine resilienza deriva dal latino resilire che significa saltare indietro, rimbalzare, ritornare di colpo. 

Questo ricorda molto il modo di dire “questa cosa mi rimbalza”, riferito a un avvenimento o una situazione avversa, come se ciò che ti succede nella vita non ti toccasse o non ti modificasse. 

Niente di più falso.

Qualsiasi evento della tua vita, per quanto nefasto e difficile da affrontare, porta con sé un grande insegnamento; tu puoi subirlo e resistere  (ecco la resilienza) oppure usarlo per andare in pezzi e rinascere migliore di prima.

La fase dell’Inferno è necessaria per approdare al Paradiso: sentire il dolore, percepire la lacerazione, cedere ed andare in frantumi sono tutte cose che servono per rinascere diverso e più saggio. A un altro livello.

Capisci come il concetto di Resilienza (se portato agli estremi) possa essere non funzionale alla tua maturazione come individuo?

“Saltare indietro, rimbalzare, ritornare come prima” non sono esattamente cose auspicabili in un processo di crescita personale.

Quando il bruco si trasforma in farfalla, il suo bozzolo va in frantumi. Se l’involucro protettivo fosse resiliente, non ci sarebbe nessuna farfalla. 

Il resistere non può e non deve essere sempre inteso come una qualità. A volte, per far fronte a un evento importante della vita, devi necessariamente cedere. E morire. Così si evolve, così si va avanti.

Non tutti dobbiamo essere resilienti, non sempre bisogna essere resilienti. 

La resilienza non dà spazio ad aperture. Alcune volte serve, altre volte no.

Siamo quasi 8 miliardi di persone sul pianeta, e ci sono altrettante modalità di reagire o di non reagire alle difficoltà. Anche tu avrai la tua.

I modi di affrontare la vita sono infiniti. La resilienza è solo uno dei tanti, probabilmente la moda del momento. Un tentativo stereotipato di globalizzare una modalità di reagire ad ogni costo alla sofferenza.

La sfida per te sta nel capire quando resistere e quando invece cedere: questa è l’abilità di saper vivere. Perché vivere è un’arte.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Conosci la storia della rana bollita? Anche lei è resiliente nei confronti del calore dell’acqua che sale. Se non resistesse a tutti i costi (soprattutto quando l’acqua si fa molto calda), potrebbe decidere di saltare fuori. Ma lei resiste. Poi sappiamo come finisce: bollita. Come mai è molto di moda la resilienza? Io me lo sono chiesta e qualche risposta me la sono data.

 

 

 

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