RESILIENZA SÌ, RESILIENZA NO
“Io sono padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima”
William Ernest Henley
Resilienza. Oggi va di moda.
Sembra che per essere al passo coi tempi devi essere un leader gentile, inclusivo e resiliente.
Non sto a disquisire come sia giusto essere o meno, non è quello che qui mi interessa.
Quello su cui voglio puntare i riflettori è la ripetizione a pappagallo di frasi e di ideologie più o meno valide. Parole che poi puntualmente non vengono camminate (“cammina le tue parole” è un vecchio detto che rende bene l’idea).
Quando un concetto è sulla bocca di tutti, bisogna fermarsi a riflettere.
Cosa significa “essere resiliente”?
Il termine resilienza arriva dal mondo metallurgico e denota la “qualità” di un metallo di resistere alle forze applicate. Nel vocabolario, la resilienza viene descritta come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.
Parlando di sinonimi e contrari, la resilienza è quindi l’opposto del termine fragilità.
Viviamo nell’epoca degli eroi e dei supereroi (o presunti tali), in cui ti insegnano a resistere a qualsiasi cosa, persino alle cose che ti fanno male.
Per essere resiliente devi sopportare i dolori (e le ingiustizie) senza lamentarti e senza disperarti, essere coraggioso e adattarti alle situazioni più difficili (o alle situazioni imposte). Tutto bello, storia da super eroe. Peccato che la vita di ognuno di noi sia un po’ diversa.
Che poi a dirla tutta anche i supereroi hanno il loro lato ombra e la loro fragilità manifesta è carica di significato simbolico (pensa al Cavaliere Oscuro della saga di Batman, per esempio). Ma questo è un altro discorso.
La resilienza può trasformarsi allora in una sorta di lotta contro la fragilità. Assurdo e poco funzionale.
La fragilità non è una debolezza, ma una raffinatezza. Solo chi è veramente forte può mostrare la sua fragilità.
Dall’etimologia una chiave di lettura
Quando mi trovo in dubbio sul significato profondo di un termine, ricorro all’etimologia, cioè all’origine del termine stesso.
Il termine resilienza deriva dal latino resilire che significa saltare indietro, rimbalzare, ritornare di colpo.
Questo ricorda molto il modo di dire “questa cosa mi rimbalza”, riferito a un avvenimento o una situazione avversa, come se ciò che ti succede nella vita non ti toccasse o non ti modificasse.
Niente di più falso.
Qualsiasi evento della tua vita, per quanto nefasto e difficile da affrontare, porta con sé un grande insegnamento; tu puoi subirlo e resistere (ecco la resilienza) oppure usarlo per andare in pezzi e rinascere migliore di prima.
La fase dell’Inferno è necessaria per approdare al Paradiso: sentire il dolore, percepire la lacerazione, cedere ed andare in frantumi sono tutte cose che servono per rinascere diverso e più saggio. A un altro livello.
Capisci come il concetto di Resilienza (se portato agli estremi) possa essere non funzionale alla tua maturazione come individuo?
“Saltare indietro, rimbalzare, ritornare come prima” non sono esattamente cose auspicabili in un processo di crescita personale.
Quando il bruco si trasforma in farfalla, il suo bozzolo va in frantumi. Se l’involucro protettivo fosse resiliente, non ci sarebbe nessuna farfalla.
Il resistere non può e non deve essere sempre inteso come una qualità. A volte, per far fronte a un evento importante della vita, devi necessariamente cedere. E morire. Così si evolve, così si va avanti.
Non tutti dobbiamo essere resilienti, non sempre bisogna essere resilienti.
La resilienza non dà spazio ad aperture. Alcune volte serve, altre volte no.
Siamo quasi 8 miliardi di persone sul pianeta, e ci sono altrettante modalità di reagire o di non reagire alle difficoltà. Anche tu avrai la tua.
I modi di affrontare la vita sono infiniti. La resilienza è solo uno dei tanti, probabilmente la moda del momento. Un tentativo stereotipato di globalizzare una modalità di reagire ad ogni costo alla sofferenza.
La sfida per te sta nel capire quando resistere e quando invece cedere: questa è l’abilità di saper vivere. Perché vivere è un’arte.
Semper Ab Intra Age
P.S. Conosci la storia della rana bollita? Anche lei è resiliente nei confronti del calore dell’acqua che sale. Se non resistesse a tutti i costi (soprattutto quando l’acqua si fa molto calda), potrebbe decidere di saltare fuori. Ma lei resiste. Poi sappiamo come finisce: bollita. Come mai è molto di moda la resilienza? Io me lo sono chiesta e qualche risposta me la sono data.
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Chiara Pierobon
Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.