IL PARADOSSO DELL’ELEMENTO UMANO

IL PARADOSSO DELL’ELEMENTO UMANO

Se anche tu sei un essere umano, non puoi non leggere quanto segue

 

“Sono convinto che nulla di ciò che facciamo è più importante dell’assunzione e dello sviluppo delle persone. E alla fine della giornata, scommetti sulle persone, non sulle strategie.”
Lawrence Bossidy

 

Ti piacciono i paradossi?

A me molto.

Permettono di mantenere la mente elastica e ti obbligano, in maniera  elegante, ad uscire dalla logica ferrea della razionalità.

Se ti guardi intorno ti accorgi che tutti noi viviamo immersi nei paradossi e nel non-senso. Viviamo in quella che Bauman definiva una “società liquida”.

Perché l’interesse verso i paradossi?

Perché uno di questi ti riguarda direttamente e molto da vicino.

Il tuo lavoro consiste per la maggior parte di relazioni umane.

Guidi i tuoi uomini, consigli i tuoi clienti, collabori con le tue assistenti.

Sei praticamente circondato da quelle che gli altri chiamano le Risorse Umane. Se tu non avessi dimestichezza con le relazioni saresti già morto (professionalmente parlando intendo).

Sebbene il tuo lavoro richieda molta preparazione tecnica, non è qui che devi puntare se vuoi eccellere. E in cuor tuo già lo sai.

 

Per aspera ad astra

 

Nell’era in cui ci stiamo dirigendo a gran velocità verso la robotica (cosa impensabile solo fino a qualche anno fa), l’elemento umano sta diventando sempre più importante: ecco il paradosso della post modernità!

Nonostante la tecnologia imperante (o grazie a essa) l’uomo sta timidamente ritrovando la sua centralità.

Se vuoi essere un visionario e precorrere i tempi, devi andare controcorrente e investire sui tuoi uomini, saranno loro a fare la differenza.

Ma non potrai aspettarti grandi cose finché continuerai a considerarli come delle Risorse Umane da gestire.

Ho sempre odiato questa definizione.

Quando dovevo scrivere un curriculum per qualche candidatura, mi trovavo spesso in difficoltà a descrivere il mio ruolo.

“Responsabile delle Risorse Umane” mi sembra un po’ come “Addetto a gestire il rendimento del contratto a tempo indeterminato di chicchessia”.

Le persone non sono risorse da gestire, ma esseri umani da ispirare!

E tu, i tuoi uomini li gestisci o li ispiri?

La differenza è abissale.

Certo, ispirare qualcuno presuppone che tu ti sia impegnato a costruire dentro di te alcune qualità fondamentali e che tu abbia in qualche modo Lavorato per diventare la miglior versione di te stesso.

E non raccontiamoci bugie, questo non è semplice, né tantomeno comune.

Quindi probabilmente i tuoi uomini non li ispiri ma li gestisci, o perlomeno credi di farlo.

Ho una brutta notizia per te: non funziona così e quella leadership che pensi di avere è solo frutto di una dose di silicone con la quale hai pompato il tuo ego.

Essere onesti è il primo passo verso la grandezza.

Se finora sei riuscito a sopravvivere più che bene nella giungla degli affari, sono felice per te. Ma non pensare che questo durerà a lungo.

Là fuori le cose stanno cambiando in maniera molto veloce e quello che funzionerà nei prossimi anni sarà l’autenticità.

Sopravviverà (mentalmente e spiritualmente) chi avrà le qualità per farlo. Meritocrazia finalmente.

Se sei arrivato a leggere fino a qui (cosa poco probabile) significa che sei pronto per il cambio di paradigma, quindi devi metterti all’opera: nel prossimo futuro prevedo che moltissimi crolleranno sotto il peso della verità.

Tu hai scelto di fare il Manager e un motivo c’è.

Hai scelto (più o meno consapevolmente) di guidare una squadra fatta di uomini che vedono in te un leader. Hanno bisogno di te come i figli hanno bisogno delle cure amorevoli di un padre.

Non considerali come dei semplici serbatoi di numeri, ma vedili come dei figli a cui tu devi insegnare a prendere il volo.

La tua è un grande responsabilità, più un onere che un onore.

Hai rispettato finora questo impegno che hai preso con loro? O pensi ci sia molto lavoro ancora da fare?

Quando hai bisogno di supporto e di consigli, mi trovi a tua disposizione.

È il mio lavoro.

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Questa volta sono stata più dura del solito. In realtà mi sono rotta le palle di scrivere parole per compiacerti. Preferisco scrivere cose utili per farti crescere.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

NON PUOI CHIEDERE A UN EXCEL DI SCRIVERE UNA POESIA

NON PUOI CHIEDERE A UN EXCEL DI SCRIVERE UNA POESIA

 

“Una cosa è avere talento. È un’altra cosa scoprire come usarlo.”
Roger Miller

 

I tuoi collaboratori sono pozzi di talenti inespressi.

Per alcuni di loro questa cosa è molto evidente, per altri lo è meno. Ed è proprio con questi ultimi che tu hai maggior margine di lavoro.

Il tuo compito non è quello di pretendere da loro numeri, ma di far brillare il loro talento.

Se non hai ancora messo a fuoco questa verità, dovrai sbrigarti a farlo: i tempi stanno cambiando molto velocemente e chi saprà costruire relazioni emozionanti e profonde (anche e soprattutto con i suoi collaboratori) sarà premiato in termini di successo.

Che problema hai con i tuoi collaboratori meno produttivi?

Sono sicura che te lo sei chiesto più volte, senza però trovare una risposta soddisfacente.

 

L’aspettativa è l’anticamera della delusione

 

Il problema che tu sottovaluti è l’aspettativa quasi sempre sbagliata che nutri nei confronti dei tuoi collaboratori (e nei confronti delle persone in generale).

Qualsiasi aspettativa è sbagliata in partenza, e qui potremmo aprire un dibattito infinito.

Ma in questo caso l’aspettativa ti porta a compiere un errore di valutazione molto importante, dal quale dipende il valore del tuo Business.

Non puoi chiedere a un programma Excel di scrivere una poesia, allo stesso modo in cui non puoi chiedere a un tuo collaboratore particolarmente empatico di ragionare per obiettivi numerici.

O meglio, potrai chiederglielo ma la tua aspettativa di risultato sarà disattesa.

Stessa cosa dicasi per un collaboratore razionale e metodico: non più pretendere da lui che sia empatico. Potrà imparare l’ABC della relazione, ma sicuramente avere a che fare con gli altri non è il suo forte.

 

Conoscere e rispettare gli altri significa tirare fuori il meglio da loro

 

E veniamo alla domanda retorica: conosci davvero i tuoi collaboratori? (lo stesso ragionamento vale per i tuoi clienti).

Conosci il loro “funzionamento”? Sai quale il cervello dominante? (questa è biologia, non fantasia).

Perché se non hai queste informazioni di base, continuerai a fare interventi prestampati sui tuoi uomini (motivazione e cose del genere), nutrendo aspettative che ti porteranno alla delusione. Il tutto in un circolo vizioso dal quale difficilmente si riesce ad uscire.

L’intervento su ognuno dei tuoi collaboratori deve essere confezionato su misura, proprio come fa un sarto esperto, andando a toccare quelle leve che hanno significato per lui, non per te perché qualcuno ti ha insegnato delle regole standard.

La standardizzazione non funziona più. E meno male.

Il tuo collaboratore ha bisogno di un mentore che lo guidi nel suo perfezionamento graduale e continuo, sia come uomo che come professionista. E per fare questo, devi conoscere le regole del gioco.

Tocca il cuore del tuo collaboratore e lui sarà tuo per sempre.

Tu come Manager hai questo compito complicato.

Se vuoi rimanere ancorato ai numeri e alla motivazione in aula, fai pure.

Ma non stupirti se le tue superficiali aspettative saranno disilluse.

Ora conosci come stanno le cose.

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Se vuoi saperne di più sulle regole del gioco, fatti un giro sul mio sito: https://www.ilmetodor.it/il-metodo-r/.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

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IL BUSINESS E L’ARTE DELLA GUERRA

IL BUSINESS E L’ARTE DELLA GUERRA

L’allenamento mentale come strategia che vince

 

“Non ci sono competizioni nell’Arte della Guerra. Un vero guerriero è invincibile perché non compete contro nulla. Vincere significa sconfiggere la mente conflittuale che si annida dentro di noi.”
Morihei Ueshiba

 

Ogni sfida può essere allenata”.

Così esordisce la descrizione del Business Dojo.

Ma cos’è il Business Dojo?

Prima di rispondere alla domanda, vorrei fare insieme a te alcuni riflessioni sulle Arti marziali, così che alla fine potrai capire perfettamente cos’è un Business Dojo e quale scopo si prefigge.

Parlando di Arti Marziali, è curioso il fatto che una disciplina che ha a che fare con l’allenamento del corpo (e della mente) venga chiamata “arte”.

Cosa c’entra l’arte con la tecnica?

In questa domanda c’è la metafora del tuo lavoro e della tua vita.

Comunicare è un’arte, scrivere è un’arte, guidare un gruppo di persone è un’arte, fare il Manager è un’arte (l’iniziale è volutamente maiuscola).

L’arte richiede intuizione, ricezione, morbidezza, creatività, ascolto interiore.

L’aspetto marziale, per contro, richiede forza, concentrazione, strategia, lucidità, tecnica, ragione, tenacia.

Se vogliamo, “Arte Marziale” è un ossimoro. Nell’ossimoro si coniugano gli opposti, a creare completezza.

Tu, come Manager, devi possedere entrambi i lati di questa medaglia. Altrimenti sarai un manager (l’iniziale è volutamente minuscola) a metà.

L’Arte Marziale è una disciplina (e anche qui potremmo aprire un capitolo dedicato al termine in questione) che allena corpo e mente.

Anzi, l’aspetto mentale è forse predominante.

Lavorare su se stessi e sui propri meccanismi interiori richiede un allenamento fatto di conoscenza teorica, ma anche di tanto cuore.

E richiede tanta disciplina.

Ho praticato un’Arte Marziale per anni.

Ti assicuro che quello che la pratica ha cambiato maggiormente in me non è stato tanto il tono muscolare (che indubbiamente è migliorato), quanto i miei pensieri e il mio atteggiamento nei confronti della vita.

La vita è una guerra.

E non parlo di una guerra con il mondo là fuori (che è solo uno specchio del tuo mondo interiore), ma con i tuoi pensieri là dentro.

Allenarsi significa conoscere se stessi e i propri limiti e decidere di trascenderli. Per essere, giorno dopo giorno, una persona migliore.

Ecco che il Dojo può essere per il Manager una buona palestra di allenamento.

Il Dojo nella cultura giapponese è il luogo dove si svolgono gli allenamenti di arti marziali.

Il Business Dojo è la palestra dove allenare il muscolo del tuo Spirito affinché il tuo Business cresca giorno dopo giorno; non solo in quantità, ma anche e soprattutto in qualità.

Chi entra in un Business Dojo esce migliore: sia che tu sia allenatore, sia che tu sia atleta.

Dall’idea brillante di Edmondo Jonghi Lavarini, il Business Dojo vuole allenare Manager e Imprenditori come te a diventare la miglior versione di se stessi. Sia in ambito professionale, che in ambito personale.

Ho decido di sposare in pieno il progetto, perché penso che i tempi richiedano un cambio di paradigma.

La formazione senza allenamento è solo rumore mentale.

Nel Dojo la tecnica (teoria) scende nella carne (cuore) attraverso la pratica.

Siamo stanchi dei Corsi che Formano. Ora è il momento dei Per-Corsi che Tras-Formano.

Ti aspetto nel Dojo.

Chiara

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Se sei curioso di sapere di più circa il Dojo, ecco il link: http://www.BusinessDojo.eu. Qui potrai trovare tutte le informazioni e gli approfondimenti che cerchi.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
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chiara.pierobon@ilmetodor.it
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HAI SCELTO I COLLABORATORI GIUSTI?

HAI SCELTO I COLLABORATORI GIUSTI?

Conoscenza e consapevolezza: i due ingredienti necessari in fase di selezione

 

“L’unico valore vitale di un’azienda è l’esperienza, le capacità, l’innovazione e la conoscenza dei suoi dipendenti.”
Leif Edvinsson

 

Quanti manager che conosci pensano alla qualità e non alla quantità?

Circondarsi di collaboratori adeguati non è mai stato facile, tanto meno lo è al giorno d’oggi, momento in cui tutti sognano di diventare ricchi e famosi senza far fatica.

Ma al di là delle chiacchiere da salotto e delle considerazioni puramente personali, il tema della scelta del collaboratore è fondamentale per un imprenditore o per un manager che vuole avere successo.

Eppure questa tematica è ancora molto sottovalutata.

Probabilmente nel tuo team hai collaboratori che non sono in linea con la tua visione, collaboratori problematici o più semplicemente collaboratori che non sono tagliati per quel determinato ruolo.

E tu non sai gestirli.

Il problema è proprio questo: tu non sai gestirli (a parte che le persone non vanno gestite, ma vanno fatte brillare….!) perché non li conosci a fondo. Non sei in grado di scrutare nel loro animo per trovare le porte di accesso.

Tutto questo, tradotto in soldoni, porta perdita di tempo, frustrazione, e mancanza di risultati.

Non solo per te, ma anche e soprattutto per il tuo collaboratore, che giorno dopo giorno si demotiva sempre di più, entrando in una spirale depotenziante che trasforma la sua professione in un incubo.

 

Conosci chi hai di fronte?

 

Il problema è molto più comune di quanto credi.

Manca sempre una VERA COMPRENSIONE della persona che hai davanti, soprattutto nel momento di selezionare i futuri collaboratori.

Ognuno nasce con delle caratteristiche ben precise, con dei talenti e con dei punti deboli. E ognuno nasce con una propensione professionale marcata.

Quello che più mi stupisce è che soltanto pochi sembrano considerare l’importanza di tutto ciò.

Ti faccio un esempio: se inconsapevolmente selezioni una persona razionale e meticolosa a gestire i rapporti umani (come un consulente deve saper fare), ti ritroverai con una serie di problemi e con molti clienti insoddisfatti.

Stessa cosa dicasi se assumi una persona creativa e mentalmente “caotica” per gestire la tua agenda.

Ho reso l’idea?

 

Qual è la soluzione più efficace?

 

Fino a qui tutto chiaro, la teoria spesso è di facile comprensione. Ma in pratica, quale può essere la soluzione?

Esistono dei test attitudinali che vengono dati in fase di selezione che mirano a valutare le soft skills dei candidati.

Probabilmente li avrai già utilizzati, o comunque ne avrai sentito parlare.

Tuttavia, queste soluzioni preconfezionate sono come le merendine degli spot pubblicitari: promettono genuinità, ma alla fine si rivelano delle vere delusioni.

Perché i test attitudinali non funzionano?

Innanzitutto, perché il candidato tende a mentire senza saperlo.

Ma non a te, a se stesso.

La psiche umana è dotata di moltissimi ammortizzatori: se una caratteristica personale è considerata un difetto inaccettabile (perché la società l’ha catalogata come tale), essa viene letteralmente rimossa dalla parte cosciente della mente.

A questo si aggiunga il fatto di voler apparire più di quanto si è (tipicamente umano!) e il risultato del tuo test è pronto!

Capisci bene che il tuo business non può basarsi su strumenti cosi approssimativi, a meno che tu non voglia provare l’ebrezza di trovarti a gestire il caos in ambito professionale, così tanto per fare un’esperienza di vita.

Come muoversi quindi in queste situazioni?

Ci sono fondamentalmente due possibili soluzioni.

La prima è che tu sia affiancato da un professionista esperto che sappia velocemente “leggere” nel profondo la persona che le sta di fronte (questa è una vera e propria arte).

La seconda è che tu stesso ti formi attraverso percorsi specifici che mirino a trasferirti questa particolare competenza.

Non so quale delle soluzioni sia più affine a te (dipende dalle tue caratteristiche di base e soprattutto da cosa principalmente ti piace fare…le tue skills appunto!).

In entrambi i casi il Metodo R rappresenta uno strumento davvero potente: psicologi del lavoro lo hanno testato sul campo, con risultati eclatanti.

 

Avere a disposizione un codice perfetto e sofisticato per leggere i tuoi collaboratori può rivelarsi uno strumento potentissimo che ti spalanca le porte del successo.

 

E non solo quello economico, ma soprattutto quello personale perché, si sa, il business (quello innovativo e coinvolgente)  è soprattutto relazione.

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Se vuoi capire cos’è e come funziona il codice umano dai un’occhiata al sito del Metodo R e lasciati stupire: https://www.ilmetodor.it/il-metodo-r/

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
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