LE PERSONE SONO LIBRI APERTI

LE PERSONE SONO LIBRI APERTI

 

“È bello leggere le persone. Le persone sono una biblioteca pubblica. E non lo sanno.”
Andrea Pinketts

 

 

Le persone sono libri aperti e non lo sanno.

Invece, quante volte ti è capitato di non capirti con qualcuno, sia a casa che al lavoro? Almeno ogni giorno.

Il non capirsi, il fraintendersi è una norma più che un’eccezione.

Ci interfacciamo, infatti, con gli altri e con la vita attraverso il filtro personale delle nostre credenze o delle nostre ferite interiori: come possiamo capirci a vicenda?

Ognuno di noi vive dentro la propria bolla di realtà senza rendersene conto.

Prima farai tua questa verità, prima potrai imparare a comunicare con gli altri in maniera efficace.

Dall’etimologia ho sempre imparato molto.

Comunicare deriva dal latino cum (insieme) e munis (incarico, dovere) e letteralmente significa “che compie il suo dovere con gli altri”.

Vista da questo punto di vista, la questione è davvero diversa: quando comunichi con i tuoi collaboratori, qual è il tuo scopo? Aprire la bocca per emettere parole o emettere parole per farti “aprire la porta” da qualcuno?

Fare breccia nell’animo di un essere umano presuppone che tu capisca cosa l’altro sente e pensa. E come sia il suo rapporto con la vita. Questo è tutt’altro che semplice.

L’empatia è cosa buona e giusta. Ma basta essere empatici per comprendere a fondo gli altri?

L’empatia è fondamentale, ma non sufficiente.

Sapeva ascoltare e sapeva leggere. Non i libri, quelli sono buoni tutti, sapeva leggere le persone” (Alessandro Baricco).

Quando ti trovi di fronte a un collaboratore, a un cliente o a tuo figlio sei in grado di comprendere il suo bisogno più intimo, in modo da poterlo aiutare?

Sei capace di riconoscere i suoi meccanismi interni in modo da poter dire le parole giuste nel modo giusto?

Il tuo compito, come manager, è quello di far breccia nel cuore dei tuoi collaboratori (tra l’altro, questo ha come effetto collaterale quello di semplificarti la vita, e non è cosa da poco di questi tempi).

 

Il Codice Umano e la conoscenza dell’animo

 

Ora probabilmente ti starai chiedendo se esista uno strumento davvero efficace che ti permetta di “leggere” in maniera dettagliata la persona che hai di fronte.

La risposta è sì.

Il funzionamento della psiche umana è una delle cose più affascinanti e complesse allo stesso tempo.

Da centinaia di anni, studiosi di tutto il modo cercano di penetrare questo arcano mondo della coscienza umana.

Che sia un approccio più scientifico o un approccio più filosofico, non cambia la sostanza: la psiche umana rimane il mistero più studiato dall’uomo moderno.

Eppure esiste un vero e proprio “codice” per leggere in maniera dettagliata l’animo umano. Ma nessuno lo usa (nessuno a parte i miei allievi, i miei clienti e io).

Dodici tipi di personalità di base e ventiquattro posture emotivo-mentali secondarie a costruire un’architettura perfetta: ecco il sistema per decodificare l’essere umano (in realtà esso si basa su lezioni da apprendere durante la vita).

Il sistema, sperimentato per anni sul campo, si dimostra ogni volta infallibile: ciascun essere umano, nessuno escluso, può essere descritto in base ad esso.

Un vero e proprio DNA dell’animo.

Comprendi la potenzialità di questo strumento?

Molti tuoi colleghi studiano tecniche più o meno efficaci di comunicazione, protocolli preconfezionati per soluzioni superficiali.

Qui ti viene prospettata un’altra via: comprendere in maniera chiara e precisa i meccanismi psicologici dell’altro per poter comunicare in maniera impeccabile.

Un unico avvertimento: lo strumento di cui ti sto parlano è potentissimo e richiede da parte tua una grande responsabilità nell’utilizzo.

Se il tuo intento non è veramente puro, lascia perdere.

Giocare col fuoco della consapevolezza è tremendamente pericoloso.

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Se sei scettico e non credi sia possibile “leggere” in maniera precisa qualcuno, fissa una consulenza gratuita con me, te lo dimostrerò dal vivo (chi è arrivato a leggere fino a qui merita 45 minuti del mio tempo).

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

DOVE AVETE NASCOSTO LA FELICITÀ?

DOVE AVETE NASCOSTO LA FELICITÀ?

L’ho cercata dappertutto

 

“Tutti gli esseri umani vogliono essere felici; peraltro, per poter raggiungere una tale condizione, bisogna cominciare col capire che cosa si intende per felicità.”
Jean-Jacques Rousseau

 

 

Parlare di felicità e non cadere nel banale è un’impresa eroica.

Giusto per non perdersi in disquisizioni di poco conto, vado subito diretta al punto: stai lavorando per raggiungere i tuoi traguardi interiori?

Perché saranno quelli a farti sentire realizzato a un certo punto della tua vita.

Pensa per un attimo.

Viviamo, lavoriamo, ci sposiamo, facciamo famiglia, studiamo, viaggiamo, investiamo in nuovi progetti, facciamo corsi, iniziamo nuove relazioni, ecc: tutto questo con un solo obiettivo come comune denominatore: essere felici.

Forse non ti sei mai soffermato a riflettere, ma ogni gesto che tu compi durante il giorno ha questo scopo sottaciuto, dal semplice momento in cui gusti un caffè nel tuo bar preferito fino alla definizione più minuziosa di un obiettivo lavorativo.

La ricerca della felicità è uno dei temi più cari all’essere umano. Fin dall’antichità, essa ha ispirato canzoni, libri, dipinti, trattati e ricette di ogni epoca.

Ma dopo tutti questi anni di ricerca, la felicità sembra essere ancora un lontano miraggio.

Sembra di vivere all’interno di una grande caccia al tesoro cosmica. Gli indizi ci sono, seminati qua e là, ma della felicità (quella vera intendo) solo qualche labile ombra.

Soprattutto di questi tempi.

Allora, mi chiedo, stiamo forse guardando dalla parte sbagliata? Stiamo interpretando male gli indizi?

Nel ventunesimo secolo, l’essere umano barcolla nel buio con espressione intelligente.

Tutto da rifare. O meglio, tutto da riscoprire.

Presso gli antichi Greci (culla beata della nostra civiltà) era cosa comune conoscere e indagare sul funzionamento dell’essere umano.

Corpo, psiche e spirito venivano analizzati e studiati con un approccio scientifico.

La filosofia stessa era scienza.

Ecco, penso che oggi dobbiamo recuperare quel modo di esaminare “l’universo uomo” nella sua globalità (quando uso il termine uomo, intendo anche la donna: lo dico per tranquillizzare i femministi e le femministe, che di questi tempi sono un po’ agitati).

Troppo progresso esteriore ci ha fatto dimenticare il progresso interiore.

Partiamo dalle basi.

Che sapore ha la felicità?

Quand’è che ti senti felice? Davvero felice intendo, non momentaneamente soddisfatto per un avvenimento piacevole che ha illuminato la tua giornata.

Investi tutto il tuo tempo a raggiungere traguardi esteriori, e ti dimentichi della cosa più importante: essere felice.

 

Che non ti manchi mai la gioia, anzi che ti nasca in casa; e nascerà, purché essa sia dentro a te stesso. Le altre forme di contentezza non riempiono il cuore, sono esteriori e vane. È lo spirito che dev’essere allegro ed ergersi pieno di fiducia al di sopra di ogni evento. Credimi, la vera gioia è austera”, diceva Seneca con parole cariche di fuoco.

 

La realizzazione personale sta nel fare di se stessi un capolavoro. Ecco, qui è nascosta (sotto strati di cazzate) la felicità.

Un capolavoro è un’opera unica e irripetibile di ineguagliabile bellezza. Con un po’ di lavoro interiore, puoi realizzare la tua opera maestra.

 

Il Manifesto dell’individuo felice

  • Conosci te stesso e i tuoi meccanismi interiori
  • Trova la pace con te stesso: accetta ogni più piccola sfaccettatura,  soprattutto quello che proprio non ti piace di te (anche se lo nascondi agli altri, so che ce l’hai)
  • Stipula un trattato di tregua a tempo indeterminato con i tuoi mostri interiori. Non combattere i tuoi draghi, ma rendili tuoi fedeli servitori
  • Impara a gestire le tue emozioni (gestire non vuol dire reprimere): qui sono nascoste importati lezioni da apprendere
  • Tendi sempre al perfezionamento di te stesso
  • Impara a distillare oro dal piombo (ossia, trasforma il dolore in saggezza)
  • Usa il buonsenso, ma fatti ispirare anche dalla lucida follia
  • Ricordati di perdere l’equilibrio, ogni tanto. Serve a tenerti in allenamento
  • Abbi il coraggio di perderti per ritrovarti
  • Vivi immerso nel presente: ti aiuterà a non dissipare energie in inutili elucubrazioni mentali
  • Fai qualcosa per qualcun altro
  • Respira a pieni polmoni e, ogni tanto, alza lo sguardo al cielo.

 

Ecco, questo è il Manifesto dell’individuo felice.

Se ti impegni a mettere in pratica quello che ti ho detto, la felicità comincerà a essere per te molto di più di un miraggio sbiadito.

Dobbiamo ripartire dalle fondamenta per edificare la nostra felicità.

E se non partiamo da noi stessi, non vedo alcuna realizzazione possibile.

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Per essere felici basta inibire la ricaptazione della serotonina. Le azioni che ti ho consigliato di fare rappresentano un buon inizio (in altre parole, sono degli anti depressivi naturali).

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
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PENSIERO POSITIVO? DIPENDE

PENSIERO POSITIVO? DIPENDE

Scendo un attimo all’inferno e torno

 

“Per essere felici bisogna allenarsi tutti i giorni.”
Alberto Casiraghy

 

Il pensiero positivo (così come te lo raccontano) non funziona.

Mi dispiace mandare in frantumi un’illusione così rassicurante, ma una brutta verità è sempre meglio di una bella bugia.

Come per tutte le cose esiste sempre una versione sofisticata e “difficile” da mettere in pratica (difficile nel senso che richiede impegno protratto nel tempo) e ne esiste un’altra contraffatta, proprio come i portafogli di Louis Vuitton che trovi nelle bancarelle del lungomare.

Orientare i pensieri della propria mente, in modo da intervenire sulla realtà circostante, non è cosa da poco.

Non si tratta infatti di partorire sporadici pensieri carichi di entusiasmo, ma di avere il controllo di quello che succede dentro la tua testa.

E, permettimi, sono due cose molto diverse.

Arriviamo al nocciolo della questione: tu, hai la padronanza del tuo dialogo interno? Come parli a te stesso durante il giorno? Con quali pensieri vai a letto? (tutta roba che imprimi sul tuo subconscio, per la cronaca).

Pretendi di avere un buon dialogo con i tuoi collaboratori, di saper comunicare in maniera eccellente con i tuoi clienti (hai fatto anche svariati corsi al riguardo), ma non hai mai curato la qualità del tuo dialogo interno!

Non puoi fare all’esterno ciò che non sei già in grado di fare all’interno, è il mantra degli Alchimisti, ricordalo.

Se vuoi che la tua vita sia un inno alla gioia (o se sei uno che si accontenta, basta una sonata in do maggiore di Mozart), non puoi prescindere dal prenderti cura dei tuoi pensieri, ovvero del contenuto della tua mente.

Non puoi avere una vita positiva e una mente negativa.

È talmente ovvia questa cosa che hanno inventato il filone del pensiero positivo. Silicone per il cervello.

Perché il pensiero positivo non funziona? O, in ogni caso, come deve essere approcciata questa filosofia affinché funzioni?

Seguimi nel ragionamento, la cosa ti sarà chiara.

 

  • La macchina biologica umana è naturalmente programmata a pensare in negativo: prevedere gli possibili scenari nefasti mette in condizione di essere pronti al peggio (è un programma di sopravvivenza della specie).
  • Pensare in positivo (ossia invertire la rotta e concentrarsi sulle possibili soluzioni) è frutto di un lavoro di consapevolezza e di controllo interiore, o comunque di un allenamento mentale mirato.
  • Il pensare positivo effimero e privo della necessaria discesa agli inferi personali è la scorciatoia. È come alzare il tappeto e buttare sotto la polvere. Funziona nell’immediato, nel senso che dà un momentaneo sollievo, ma a lungo andare non produce alcun risultato (né interiore, né esteriore).

L’uomo post moderno ama le scorciatoie e i traguardi facili. Egli è pigro.

Da qui nascono la sua alienazione, la sua insoddisfazione profonda e il malessere che lo contraddistingue.

Dai, non raccontiamocela. Non siamo la Famiglia del Mulino Bianco, in cui tutti si svegliano felici di iniziare un’altra giornata di lavoro.

Dobbiamo conquistarcela la nostra felicità, dobbiamo guadagnarcelo il nostro pensiero positivo. E per questo bisogna scendere all’inferno, non esistono scorciatoie.

Nessun albero può crescere fino al paradiso se le sue radici non scendono fino all’inferno”, diceva a ragione Jung.

Conoscere se stessi, le proprie paure, le sfide personali, il proprio tallone d’Achille, le ferite da sanare e i corti circuiti da sistemare è la via maestra per costruire un sano dialogo interiore.

Un dialogo interiore costruito su queste basi diventa potentissimo.

Saper governare la propria mente significa saper governare la propria vita.

E se vuoi avere influenza sulla vita degli altri (i tuoi collaboratori) devi partire dall’unico porto che conosci, ossia te stesso.

Buon lavoro.

 

Semper ab Intra Age

P.S. Un buon allenamento mentale presuppone costanza, dedizione, perseveranza e disciplina. Quando sei sicuro di possedere queste qualità, chiamami.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
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chiara.pierobon@ilmetodor.it
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SCUSA, HAI CAPITO QUELLO CHE NON HO DETTO?

SCUSA, HAI CAPITO QUELLO CHE NON HO DETTO?

 

“La comunicazione parte non dalla bocca che parla ma dall’orecchio che ascolta.”
(Anonimo)

 

Saper comunicare è prerogativa di pochi.

Le persone parlano, esprimono opinioni, danno consigli, spiegano, raccontano storie, condividono pensieri ma raramente comunicano.

Nei bei tempi in cui frequentavo l’aula, spesso iniziavo il corso di comunicazione consapevole con una domanda: “Cosa significa per voi comunicare?”

Le risposte erano le più diverse, molte delle quali originali e intelligenti.

Ma tutti mancavano il punto.

Cosa significa comunicare?

C’è una caratteristica che, più di altre, impedisce all’essere umano (sia al lavoro che a casa) di comunicare in maniera profonda: l’egocentrismo.

Ci muoviamo ogni giorno accompagnati dalla fedele vocina nella nostra mente che ci ricorda incessantemente un sacco di cose e che, in linea di massima, ha un solo obiettivo: la sopravvivenza della nostra macchina biologica (fisica o emotiva non cambia molto). Quello che riguarda gli altri, raramente ci tange davvero.

Comunicare presuppone che tu esca dal tuo piccolo mondo e sappia provare interesse per il mondo di qualcun altro. E questo non avviene in maniera automatica, ma rappresenta una meta, frutto di un lungo lavoro di introspezione.

Onestamente, tu comunichi con i tuoi uomini, o semplicemente gli parli addosso?

Sono due cose molto diverse.

Comunicare significa ASCOLTARE.

Un tale diceva (Zenone di Cizio, per la cronaca) che abbiamo due orecchie e una bocca per un motivo. Ma il nostro egocentrismo spesso ce lo fa dimenticare.

Una buona comunicazione parte sempre da un eccellente ascolto.

Quanto sei in grado di ascoltare quello che i tuoi uomini NON dicono? Perché è questo che fa davvero la differenza, non raccontiamocela.

Possiamo sederci, aprire le orecchie e sentire le parole che uno dice. Con un minimo di allenamento ci riusciamo tutti.

Ma cogliere quello che non viene detto richiede una grande empatia.

Se tu vuoi fare il Manager, questa qualità devi averla nel tuo kit personale insieme alla penna per far firmare i tuoi clienti sulla linea tratteggiata.

Quando hai scelto questa professione forse non pensavi di dover possedere abilità umanistiche, ma sta di fatto che i tempi ora lo richiedono e lo richiederanno sempre di più.

Se non vogliamo morire soffocati da una tecnologia invadente, dobbiamo ritrovare una strada “più umana” verso la realizzazione personale.

Empatia, capacità di ascolto (che non è semplicemente sentire con le orecchie, ma qualcosa di più), consapevolezza, magnetismo e centratura: ecco quello che ti serve per fare il Manager nel 2021. Ah, dimenticavo: anche conoscere i meccanismi dell’animo umano (non sono le solite tecniche di vendita o di persuasione).

Io sogno un’azienda più sostenibile, e molti tuoi collaboratoti lo fanno insieme a me.

La vita è troppo breve per lavorare in maniera alienante. La frustrazione che molte persone si portano addosso là fuori la dice lunga.

Sono anni di cambiamento.

O riusciamo a cambiare con loro, modificando il paradigma che ci ha portato a un effimero successo fatto di vuoto e alienazione, o soccombiamo una volte per tutte.

Siamo ancora in tempo per diventare ESSERI UMANI, la versione migliore.

Ecco, vorrei che tu ricordassi questa frase oggi quando incontrerai un tuo collaboratore.

 

Semper ab Intra Age

P.S. Possiamo passare ore a parlare di comunicazione, di leadership e di tutte quelle cose che rendono figo il mondo manageriale dipinto dagli altri. Ma se non inizi col metterti in discussione, perdi solo tempo prezioso.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
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Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
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