IRONIA PORTAMI VIA

IRONIA PORTAMI VIA

 

 “L’ironia è come gli scacchi. C’è chi vede solo il bianco e nero e chi capisce il gioco”.

 

 

 

Se al mondo non esistesse l’ironico, bisognerebbe inventarlo.

Nel bel mezzo di qualsiasi evento tragico, l’ironico-a-tutti-i-costi si ingegna a  trasformare un disagio in un palcoscenico nel quale inscenare commedie di stile goliardico. Niente sembra ammazzarlo.

Mi ricorda da vicino l’Italiano medio. 

Perfino la tragica quanto imbarazzante situazione politica che lo circonda continua a ispirare in lui quel sarcasmo tipico di chi sa che sta per morire, ma vuole farlo in piedi e prendendosi gioco della morte.

Chapeau! 

L’ironia però è come il vino rosso: a piccole dosi è un toccasana per cuore e mente, ma a dosi elevate diventa un veleno.

 

Ironia: una via di fuga

 

Quali sono le conseguenze di questa modalità marcatamente ironica di affrontare la vita?

Molte persone non sono in grado di gestire problemi e vissuti emotivi, perché troppo intensi per la loro sensibilità.

L’ironia, in questi casi, li salva.

L’atteggiamento “meglio riderci sopra” nasconde in realtà un tratto tipico di una personalità che ha paura di affrontare ciò che viene ritenuto inaffrontabile.

Quando un problema appare davvero grande e insormontabile, l’ironia aiuta a smorzarne i toni e a ridimensionarlo.

E questo può essere un bene quanto un male.

Se da un lato permette alla mente di non collassare sotto il terrore della negatività, dall’altro può impedire un’analisi lucida e profonda del problema in questione.

E il tipo di approccio risulta superficiale.

Questo non consente una vera crescita dell’individuo (e di conseguenza dello spirito della nazione), il quale resta un adolescente incapace di prendere parte alla tragedia e, come un attore calato nella parte, produrre  così un’azione efficace che risolva e chiuda l’atto finale.

Non amo particolarmente le tragedie.

Ma saperle vivere in maniera cosciente è quello che permette di apprezzare in maniera profonda anche le commedie.

Esiste un una folla intera di questo tipo di personalità.

Il suo tratto caratteristico è una grande sensibilità alla relazione umana che, unita all’ironia, fa di questa tipologia di persona una vera e propria benedizione nei momenti difficili. Ma deve imparare ad affrontare la parte spiacevole della vita (dalla quale fugge in continuazione), per confrontarsi e per crescere proprio grazie alle difficoltà.

“Nessun albero può crescere fino al paradiso se le sue radici non scendono fino all’inferno” diceva Jung.

Non mi stancherò mai di insegnare alle persone a scendere nel loro inferno personale. È l’unica via per accedere al paradiso.

Da questo passaggio può nascere un’ironia vera, frutto dell’abilità di orientare la mente alla soluzione e alla leggerezza e non figlia di una fuga inconsapevole.

E questa è una differenza abissale.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Il troppo storpia. Vale anche per l’ironia.

 

 

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Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione e progetto percorsi di Allenamento Mentale per Professionisti illuminati.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

NESSUN UOMO È UN’ISOLA

NESSUN UOMO È UN’ISOLA

 

 “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.

John Donne

 

 

Per alcuni è facile, per altri complicato. Sta di fatto che lavorare in squadra fa crescere tantissimo, soprattutto sulle dinamiche personali.

Spesso un insieme di colleghi non è una squadra. 

Non è che manchi la visione comune, quella magari c’è ed è il motore trainante del gruppo. Quello che manca è la comprensione profonda dell’aspetto umano dei componenti della squadra.

Persone messe insieme da un obiettivo professionale, ma che non conoscono niente dei rispettivi mondi interiori. Questo non è sano.

Che il problema del pianeta terra sia il fraintendimento globale, l’ho già detto più volte.

Una Torre di Babele silenziosa e nascosta che rischia di mantenere il genere umano in uno stato di ignoranza umanistica perenne.

 

I rapporti umani e la legge dello specchio

 

Non so se lo sai, ma tutte le relazioni che intratteniamo sono per noi una scuola quotidiana.

Jung, grande studioso della psiche umana, era solito dire che attraverso l’altro noi conosciamo e saniamo noi stessi.

In che senso?

Quando non andiamo d’accordo con qualcuno è comodo proiettare all’esterno il nostro disagio e pensare che sia uno stronzo. Ma questo non corrisponde alla realtà dei fatti.

Meno comodo (ma più utile) è guardare con onestà il fastidio che l’atteggiamento di qualcuno produce in noi: lì si nasconde un’informazione importante che ci riguarda da vicino.

Le re-azioni che abbiamo di fronte a qualche comportamento parlano di noi, non degli altri. Se abbiamo il coraggio di analizzare con cura le nostre reazioni invece di giudicare qualcun altro avremmo la possibilità di crescere tantissimo in termini di maturità interiore.

Questa dinamica è conosciuta come legge dello specchio: attraverso gli altri, conosciamo noi stessi.

 

Lavorare in squadra

 

È molto più facile lavorare da solo (almeno per me), ma è molto più fruttuoso lavorare in squadra. A una condizione: che ci sia un impegno da parte di tutti a conoscere l’altro da vicino.

Non possiamo pretendere dagli altri comportamenti che avremmo noi. Siamo diversi, sia come attitudini interiori, sia come vissuto.

La potenza della squadra è proprio quella di mettere insieme esseri umani DIVERSI che si arricchiscano l’un l’altro e che si rispettino profondamente nei loro modi differenti di interpretare la vita e il lavoro.

Nei miei interventi formativi, ho visto crescere una comprensione profonda delle dinamiche di squadra. Il team building (che va molto di moda) non si può ridurre a un incontro condito con gioco, entusiasmo ed enfasi. Il team building è un lavoro di consapevolezza che si fa insieme ai membri della squadra ed è frutto di impegno e di apertura mentale.

Non ci accontentiamo più della superficialità con la quale si affrontano tematiche importanti, come quella delle relazioni umane in ambito professionale. Vogliamo un approccio diverso.

Ogni professionista è prima di tutto un essere umano.

Impegniamoci a conoscere l’essere umano prima del professionista. 

I risultati (anche di squadra) saranno una logica e piacevole conseguenza.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Come dice un proverbio cinese, l’inizio di ogni saggezza consiste nel perdonare agli altri il fatto di essere diversi da noi. Impariamo a fare della diversità una ricchezza. Qui trovi quello che faccio io con la squadra.

 

 

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Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
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chiara.pierobon@ilmetodor.it
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TRA STIMOLO E REAZIONE C’È UNO SPAZIO

TRA STIMOLO E REAZIONE C’È UNO SPAZIO

 

 

 “Tra stimolo e reazione c’è uno spazio. In quello spazio ciecherei il potere di decidere la nostra risposta. Nella risposta giacciono la nostra crescita e la nostra LIBERTÀ”

Viktor Frankl

 

 

Mi è sempre piaciuto studiare la testa delle persone. Lo facevo fin da piccola, senza nessuno strumento a mia disposizione, solo con quella curiosità che aveva il potere di penetrare il mistero più fitto.

Negli anni ho continuato ad approfondire e mi sono data alcune risposte. Altre sono ancora in attesa. Questa è la vita di noi ricercatori.

Come funziona l’essere umano? 

Domanda a cui è difficile dare una risposta definitiva. Mi sono tuttavia divertita in questi 18 anni a studiare e a sperimentare. Ecco quello che ne è venuto fuori. Almeno una parte: quella che descrive la meccanicità dell’essere umano.

 

La differenza tra AZIONE e RE-AZIONE

 

Pensiamo di essere liberi di scegliere, ma non è sempre così. Molto spesso reagiamo a input esterni o a meccanismi interni.

Ognuno di noi è dotato di un programma biologico di sopravvivenza che lo fa re-agire di fronte a un pericolo di morte (o di presunta morte).

Il programma di sopravvivenza (uso il termine “programma” per farti capire che si tratta di qualcosa che ci fa funzionare proprio come un software) è così forte da mandare in tilt completamente l’aspetto razionale.

Ed è giusto che sia così quando ti trovi davanti a un pericolo reale e concreto.

Ti faccio un esempio.

Sei alla guida e, improvvisamente, un ciclista ti taglia la strada noncurante che tu stai arrivando da dietro.

Che fai? Ti metti a pensare sul da farsi, ipotizzi due o tre soluzioni e poi scegli di conseguenza?

Certo che no!

Re-agisci inchiodando la macchina subito.

Questo istinto ti salva la vita, a te e all’incauto ciclista.

Tuttavia questo “programma” si attiva autonomamente anche quando non dovrebbe attivarsi o quando tu non lo vorresti.

Può succedere di fronte a qualcosa che ti spaventa (è la prima normale reazione), ma poi si dovrebbe instaurare una sorta di centratura che ti fa riprendere il timone della barca.

Le stesse paure del mondo là fuori, sono presenti anche dentro di noi.

Ognuno ha le sue ferite e i suoi meccanismi di difesa. 

Quante volte re-agiamo a qualcosa che ci viene detto e perdiamo il controllo totale delle nostre emozioni?

Prassi quotidiana.

“Tra stimolo e reazione c’è uno spazio. In quello spazio c’è il potere di decidere la nostra risposta. Nella nostra risposta giacciono la nostra crescita e la nostra LIBERTÀ”

Ecco, lavorare su quella risposta a uno stimolo (interno o esterno che sia) è la cosa più importante che tu possa fare nella vita.

Lo scopo è quello di raggiungere uno stato di centratura tale da essere in grado di trasformare qualsiasi re-azione in un’azione scelta e voluta.

Più lavori interiormente e più divieni libero. Non da qualcuno là fuori, ma dai tuoi meccanismi là dentro.

Allenare il loro corpo non basta. Bisogna allenare anche la mente.

Buon lavoro.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. Scegliere la libertà di azione vuol dire non sottostare alla schiavitù della re-azione. Messa così la questione è piuttosto chiara.

 

 

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NASCERE NON BASTA

NASCERE NON BASTA

 

 

 “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.

Pablo Neruda

 

 

La Pasqua è una delle feste che preferisco.

È meno pretenziosa del Natale. Arriva in maniera umile, senza tanti clamori, eppure è una festa carica di significato.

La Pasqua è la Festa che rappresenta la rinascita, la vita che vince sulla morte. Potente.

Ogni anno, a primavera, la natura dà scacco matto al rigore invernale e risorge più rigogliosa che mai.

Ti sei mai soffermato a riflettere sulle implicazioni profonde di questo gesto della natura?

Molto probabilmente no. Noi diamo tanto per scontato, abbiamo troppe cose da fare, obiettivi da raggiungere e oggetti inutili da accumulare. Non possiamo fermarci a riflettere, non possiamo vivere nella consapevolezza di noi stessi e di ciò che ci circonda. Non possiamo permetterci di perdere tempo a nutrire il nostro spirito.

Eppure lì troveremmo molte risposte ai nostri tormenti.

 

La Risurrezione e il mito dell’Araba Fenice

 

Tempo fa, di ritorno da un viaggio a Catania, ho raccontato la storia di questa bellissima città, il cui simbolo è l’Araba Fenice.

Catania fu distrutta e ricostruita per ben 9 volte, sempre sullo stesso posto. E ogni volta più bella di prima.

In una delle porte principali della città, porta Garibaldi, si erge il simbolo della città, la Fenice appunto, l’uccello mitologico che rinasceva ogni volta dalle  proprie ceneri più splendente di prima.

“Melior de cinere surgo”, Risorgo sempre più bella dalle mie ceneri: quanta forza trasuda da queste parole?

La vita non è sempre rose e fiori. 

Sui social fingiamo che vada tutto bene, siamo sempre al massimo, scriviamo frasi d’effetto; ma nella solitudine delle nostre stanze, una volta tolta la maschera, conosciamo bene la realtà.

Abbiamo perso la capacità di soffrire in maniera stoica, di morire e di rinascere. Siamo fantocci apparentemente vivi. In realtà siamo morti e non sappiamo come rinascere.

Se le mie parole ti sembrano dure, sappi che io provoco:  è il mio modo di affondare la lama sulla piaga per farla guarire.

 

“Morire per poi rinascere”

 

La capacità di risorgere dalla morte rappresenta la possibilità di rinascere dopo un fallimento.

Un fallimento può essere ti tipo professionale, personale o anche sociale. 

Cosa possiamo imparare dall’Araba Fenice in un momento così sfidante come quello che stiamo vivendo?

Possiamo imparare a rafforzarci interiormente per diventare forti anche di fronte alla morte (in senso figurato e non). 

Chi è dotato di forza interiore, non si fa cogliere impreparato emotivamente di fronte alle emergenze e sa accettare con stoicismo le sfide della vita, proprio come la Fenice si prepara alla morte, consapevole della rinascita.

La morte però riguarda anche alcune parti di noi e la rinascita ha a che fare con una vita più consapevole. Ma questo è un altro discorso (se ti interessa parlarne, scrivimi in privato).

La morte e la rinascita vanno vissuti ogni giorno, come dice Pablo Neruda.

In tutti quei momenti in cui ti sembra di non potercela fare, immagina di essere Fenice.

Permettiti di soffrire: aumenterà la tua resistenza.

Permettiti di sentire: aumenterà la tua sensibilità.

Permettiti di dubitare: aumenterà la tua fiducia.

Permettiti di crollare: aumenterà la tua resilienza.

Permettiti di percepirti piccolo: aumenterà la tua umiltà.

Permettiti di sentirti solo: aumenterà la tua indipendenza.

Permettiti di mostrarti fragile: aumenterà la tua forza.

Ma soprattutto permettiti di morire: a volte andare in frantumi è il modo migliore per rinascere più splendente di prima.

 

Semper Ab Intra Age

 

P.S. La vita non è solo un’esperienza esteriore. C’è molto di più. Entrare in una dimensione interiore ti permette di scoprire quant’è profonda la tana del Bianconiglio.

 

 

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