LO SPECCHIO INTROVERSO

LO SPECCHIO INTROVERSO

 

“Dentro il cuore c’è uno specchio dove non si è guardato nessun uomo.
Kabīr, mistico e poeta indiano

 

Quando ero bambina mi incantavo davanti allo specchio, chiedendomi se quella che vedevo lì davanti a me ero io.

Lo specchio ha qualcosa di magico: proietta la nostra immagine riflessa.

Questa non è cosa da poco.

Hai mai riflettuto sulle proprietà dello specchio? Hai mai riflettuto sul fatto che riflettere è un’azione fisica, ma anche un’azione mentale?

Non c’è dubbio: lo specchio non è un oggetto qualsiasi.

Ogni mattina ti prepari, ti guardi allo specchio, controlli che tutto sia in ordine e ti appresti a uscire per conquistare il mondo (ho esagerato, ma l’immagine risulta poetica).

Ora, mi chiedo: perché non facciamo la stessa cosa a livello interiore? Credi che gli altri non vedano la tua tristezza, il tuo dolore, Il tuo malessere, le tue crepe?

Curiamo in maniera ossessiva il nostro aspetto esteriore, ma non facciamo altrettanto con quello interiore.

In fondo uno è lo specchio dell’altro.

 

Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia

 

Questa bellissima frase di Jung è un invito all’introspezione, quella coraggiosa e curiosa.

Un certo Ermete Trimegisto (personaggio che non si capisce se sia leggendario o se sia vissuto davvero, un vero maestro di sapienza) tanto tempo fa disse: “come in alto così in basso, come dentro così fuori”.

Frase ermetica, ma che dice molto a chi è abituato a un po’ di introspezione come me.

 

La realtà che ti circonda è uno specchio del tuo interiore, senza tanti giri di parole, senza sé e senza ma.

Le mie parole sono secche e taglienti: squarciano il velo delle bugie che, senza volerlo, ci raccontiamo per sopravvivere.

Ma molti di noi non vogliono sopravvivere, vogliono vivere.

Se anche tu aspiri a qualcosa di più della semplice sopravvivenza, devi imparare a conoscere il tuo interno per trasformare poi il tuo esterno.

Scusa i giochi di prospettive, ma sono voluti. Lo specchio stesso è un gioco di prospettive continuo.

 

L’introversione e la rivoluzione contemporanea

 

In un momento in cui va di moda guardare fuori, io ne lancio un’altra: guardare dentro.

Invertire la rotta può essere un’azione intelligente e visionaria.

Che ce ne facciamo di tutto il progresso e di tutta le tecnologia se non conosciamo il funzionamento del mondo interiore di un uomo?

Eppure l’introversione (che letteralmente significa “rivolto verso l’interno”) è vista quasi come una malattia.

“Eh, mio figlio è introverso, non so come fare”, “Sai, il mio partner è introverso e non sta bene, puoi aiutarmi?”, “È una persona introversa, poverina” e cose del genere.

Se poi vai a guardare nel vocabolario, alla voce introverso trovi: “Portato a chiudersi nel proprio mondo interiore per timidezza o per egoistico ed esclusivo interesse verso la propria persona; diffidente o addirittura ostile nei riguardi dei contatti umani e dei rapporti sociali”.

Dio mio, ma voi non state bene!

L’introversione non è la peste bubbonica. A volte è segno di un temperamento rivolto allo studio interiore, altre volte una difficoltà ad aprirsi al mondo esteriore, ma non per questo è una cosa negativa.

 

Introspezione e introversione saranno i grandi temi della mia nuova rubrica: Lo specchio Introverso.

 

Sarà uno spazio dedicato allo studio interiore e all’analisi delle dinamiche mentali ed emozionali dell’essere umano.

Lo so, ti affascina. Ed è bene che sia così.

Oltre all’universo là fuori, c’è un universo qua dentro che aspetta di essere scoperto.

E credimi, è il viaggio più affascinante che tu possa fare.

Allaccia le cinture.

 

“Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia”

 

P.S. La rubrica sarà mensile: un articolo al mese (dei quattro che pubblico) dedicato allo studio della psiche umana e delle diverse personalità. Iscriviti alla mia Newsletter se vuoi iniziare questo grande viaggio. Gli articoli ti arriveranno direttamente nella tua casella di posta elettronica.

 

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Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione e progetto percorsi di Allenamento Mentale per Professionisti illuminati.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

L’EPIDEMIA OCCULTA

L’EPIDEMIA OCCULTA

 

“Esiste un’unica forma di contagio che si trasmette più rapidamente di un virus. Ed è la paura.”
Dan Brown

 

 

I virus sono entità che infettano ogni forma di vita.

Ma non sono qui a raccontarti quello che fanno già (più del dovuto) i giornalisti ogni santo giorno.

Quello di cui ti parlerò è qualcosa di molto letale e pericoloso: i virus che penetrano ogni giorno nella tua mente.

Sì perché tu proteggi costantemente il tuo corpo, ma non ti accorgi che quello che ti sta lentamente avvelenando ha altre vie di ingresso.

Trovo esilarante il fatto che l’uomo postmoderno sia così attento alla salvezza del suo corpo e men che meno alla salvezza della sua mente e del suo spirito.

Disposto a fare qualsiasi cosa in nome di quella che lui chiama vita, non si accorge che un altro tipo di morte lo sta già divorando.

Immagina: è come se tu avessi un tumore in fase terminale e ti preoccupassi del brufolo che hai sul mento.

Ecco, questa è un’immagine che rende bene l’idea di quello che sta accadendo in questi tempi.

 

La mente: un organismo vivente

 

Hai mai pensato alla tua mente come a un “corpo” che ha una vita propria?

Hai mai considerato l’idea di tenere sano questo corpo?

Di nutrirlo bene, di fargli fare esercizio e di alzare le sue difese immunitarie per difendersi dai veleni esterni?

Suppongo che la risposta a tutte queste domande sia no.

Sei talmente ossessionato dal tuo corpo fisico che perdi di vista gli altri pezzi di te.

È vero, nessuno ti insegna a farlo (sono ancora troppo poche le voci fuori dal coro). Ma non per questo non devi iniziare a pensarci tu.

 

In fin dei conti la tua salute mentale ed emozionale è una responsabilità tua e di nessun altro!

 

Guarda quello che sta succedendo.

L’essere umano medio è manipolabile e fragile dal punto di vista mentale ed emozionale. È così facile convincerlo di un’idea che, giocando sulle sue emozioni, puoi fargli fare qualsiasi cosa.

E qualsiasi virus mentale che dilaga ne è la prova lampante.

Se guardi nel dizionario, alla voce “virus” trovi l’origine etimologica del termine: dal latino, veleno (l’etimologia regala sempre una profonda  comprensione delle cose).

Uno dei veleni più pericolosi per la vita dell’essere umano è la paura.

Se da un lato questa emozione promette di salvarti la vita (la paura è un programma biologico che assicura la sopravvivenza), dall’altro a contatto con la tua mente può mutare geneticamente, per così dire, e diventare un virus letale per il tuo spirito.

Spesso un animale scampa all’appuntamento con la morte proprio grazie alla paura. È il modo che ha la vita di difendersi e di propagarsi.

Il problema sorge quando l’emozione (che dovrebbe semplicemente essere ascoltata con lo scopo di salvarti la vita) penetra nella tua mente e la infetta.

È quello che succede praticamente ogni giorno.

La tua mente viene infettata da una miriade di avvenimenti (reali o immaginari) e questo provoca svariati gravi sintomi: perdita di lucidità, incapacità di ragionamento critico, privazione di libertà di scelta, abdicazione del tuo potere innato, alienazione, depressione, ansia da anticipazioni future, rabbia, smarrimento e frustrazione.

Pensa a quante volte durante il giorno il tuo dialogo interno è infettato e debilitante.

 

Devi imparare a installare un anti virus nel tuo computer mentale.

 

Spegni la televisione, impara a stare in ascolto delle tue emozioni (senza volerle spiegare razionalmente ad ogni costo), ascolta musica classica, studia la tua mente e impara a controllarla.

E questo solo per iniziare.

Le emozioni sono un grande strumento a tua disposizione: sono canali di accesso ad altre forme di percezione più profonda.

In alcuni casi ti salvano la vita, non solo quella fisica, ma anche quella emotiva.

Tuttavia devi imparare a usarle correttamente, pena il rischio di venirne invaso e soccombere sotto il crollo della tua mente.

E quando la tua mente sarà crollata, puoi fare tutti i tamponi che vuoi: anche se negativi, sarai comunque fottuto.

 

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NON PENSO POSITIVO, PENSO DIVERSO

NON PENSO POSITIVO, PENSO DIVERSO

 

“Ognuno desidera che la vita sia semplice, sicura e senza ostacoli; ecco perché i problemi sono tabù. L’uomo vuole certezze e non dubbi, risultati e non esperienze, senza accorgersi che le certezze non possono provenire che dai dubbi e i risultati dalle esperienze.”
Carl Gustav Jung

 

 

L’altro giorno ero ferma a un semaforo.

Con mia grande sorpresa, fuori da una casa penzolava ancora un vecchio lenzuolo con una scritta enorme: “Andrà tutto bene, ne usciremo più forti di prima”.

E giù di arcobaleno.

Per carità, ben vengano i messaggi incoraggianti e pieni di entusiasmo. Sempre meglio delle lamentele.

Ma questi appelli all’ottimismo indiscriminato sono pericolosi e fuorvianti, perché nascondono un’insidia.

Scommetto che anche a te, in qualche corso, hanno insegnato a pensare positivo. E scommetto che hai cercato di applicare il consiglio, ma non sempre ha funzionato.

Perché?

Sono anni che studio (soprattutto nella pratica) l’effetto che ha il nostro pensiero su quello che costruiamo nella nostra vita. Ti assicuro, la materia è tutt’altro che semplicistica.

Ma all’era contemporanea piace il semplicismo. È rassicurante e privo di  quei rischi che invece offre la profondità.

Quando pensi positivo a tutti i costi, perdi di vista l’analisi oggettiva e spietata della realtà. In questa realtà (che non sempre è piacevole) trovi sfide importantissime che ti fanno crescere, trovi lezioni importanti da imparare.

L’ottimismo e il pensiero positivo non coincidono con la forza interiore.

 

L’ottimismo è una capacità della mente di orientarsi alla soluzione, non è la rimozione del problema!

Allenare la mente all’ottimismo si può, ma costa sacrificio e impegno.

Quando sei in grado di affrontare i problemi (per quanto grossi essi siano) di guardarli in faccia e di chiamarli con il loro nome, allora lì inizi a sviluppare forza interiore. E l’ottimismo che provi è genuino.

Tutto il resto è frutto di un atteggiamento superficiale e inconsistente. Un bagliore di luce in un oceano di tenebre (questa metafora rende l’idea).

Ci abituano ogni giorno alla rimozione dei problemi e della fatica.

C’è una crisi profonda della società? Andrà tutto bene!

L’economia del paese va a rotoli? Pensa positivo!

Le persone sono impaurite? Stiamo entrando nella nuova Era!

E cazzate del genere.

Questo modo di affrontare la realtà crea individui deboli, fragili e privi di un centro interiore di consapevolezza.

Una fragilità che è soprattutto mentale.

In questo periodo, quante persone hai visto passare da un’emozione all’altra senza la minima capacità di controllo su se stesse? E, soprattutto, senza la minima capacità di produrre azioni efficaci?

Allora, pensa pure positivo.

Ma assicurati che il tuo atteggiamento solare sia frutto di una reale capacità di affrontare il problema (qualunque esso sia), e non di un effimero entusiasmo prodotto da un moto interiore temporaneo e privo di consistenza.

Se vuoi essere pronto per i nuovi tempi che verranno devi allenare la tua mente alle difficoltà.

Atteggiamento, capacità di “stare” nel dolore e nella difficoltà, controllo della tua mente, abilità nel gestire le tue emozioni, grande perseveranza e fiducia illimitata: ecco cosa ti serve per atterrare in piedi nella fase successiva.

 

Ricorda che qualsiasi tipo di problema o di difficoltà nasce in origine per rafforzare il tuo spirito.

Perché, si sa, “nessun mare calmo ha mai prodotto un marinaio esperto”.

 

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P.S. Il pensiero positivo funziona solo se prima scendi all’inferno. Quando riesci ad essere ottimista stando in mezzo alle fiamme, allora sei a buon punto.

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IL FILO ROSSO CHE TENGO SUL COMODINO

IL FILO ROSSO CHE TENGO SUL COMODINO

 

“La mente è un labirinto. Il modo in cui ci avventuriamo dentro di esso ci fa capire la natura dei nostri pensieri. Il modo in cui troviamo l’uscita ci fa capire
l’essenza della nostra anima.”
Luca Doveri

 

 

Teseo, figlio del re di Atene, è un gran bel pezzo di ragazzo.

Muscoloso, ardito, temerario e sprezzante della paura. Ecco la descrizione di chi trova il coraggio, secondo il mito, di affrontare il Minotauro e di sconfiggerlo, infliggendogli la morte.

Ma completiamo lo scenario.

Minosse, re di Creta, fa costruire un enorme labirinto nel suo palazzo di Cnosso, con lo scopo di far imprigionare il terribile Minotauro, una creatura mitologica per metà uomo e metà toro.

Il Minotauro è insaziabile e si ciba volentieri di carne umana.

Per vendicarsi di un torto subito (alcuni Ateniesi gli avevano ucciso il figlio), il Re di Creta esige da Atene un prezzo da pagare: sette fanciulli e sette fanciulle per sfamare il famelico mostro.

Peccato (per il mostro) che uno di quei sette fanciulli sia proprio Teseo, figlio del Re di Atene Egeo.

E qui la storia diventa interessante.

Teseo, appena arriva a Creta, si innamora di Arianna, figlia del re Minosse.

Arianna, trasportata dalla passione, su suggerimento di Dedalo tradisce il padre e dona un gomitolo di lana rossa al giovane, con lo scopo di guidarlo fuori dal labirinto, una volta uccisa la bestia (Dedalo è l’architetto che aveva ideato il labirinto).

Non ti racconto i dettagli e il finale della storia, vattela a cercare in internet o meglio leggila da un libro.

Ti dico solo ciò che serve al nostro scopo.

Teseo, una volta ucciso il Minotauro, riesce ad uscire dal labirinto grazie al filo di lana rossa.

 

Cosa rappresenta il filo rosso? Cos’è il labirinto?

 

Ogni mito nasconde in sé delle belle verità. Il suo linguaggio è simbolico e parla solo a coloro che sono disposti a mettersi in ascolto (e sono davvero pochi).

Quando ero al liceo, non capivo davvero il senso e l’utilità della Mitologia, anche se mi appassionavano le storie in sé. La comprensione è arrivata più tardi, con gli anni, con l’esperienza e con un lavoro assiduo dentro di me.

La storia del labirinto e del filo di Arianna sembra stata scritta per noi occidentali (e in effetti lo è).

Viviamo compulsivamente dentro il labirinto della nostra mente e solo rare volte ci affacciamo a una finestra che, puntualmente, viene subito richiusa. Quasi avessimo paura della luce.

Ehi tu, ma riesci a respirare? Non ti senti soffocare tra i pensieri ripetitivi, gran parte delle volte inutili?

Recriminazioni, sensi di colpa, paure, rimpianti, rancori, avversioni, tormenti, indecisioni, grovigli continui di impulsi elettrici e neuroni iper eccitati.

Ti serve un filo di Arianna.

Il filo di Arianna è lo stato di presenza a te stesso.

È quando riesci a “vedere” i pensieri che girano dentro la tua testa come le palline dentro un flipper. È quando riesci a scartare un pensiero inutile e a sceglierne uno utile. In sintesi, è quando agisci secondo un principio di “terzietà” rispetto ai tuoi pensieri (come dice un mio cliente).

Il filo della presenza ti permette di non perderti dentro il labirinto e ti assicura l’uscita: fuori c’è una distesa bellissima, fatta di pace e di silenzio.

Chi è avvezzo alla pratica della presenza te lo può confermare.

Il silenzio dentro la scatola cranica è un lusso che puoi permetterti anche tu, a patto che tu faccia qualcosa per iniziare a praticare.

Lo stato di presenza è come un muscolo: va allenato (ecco perché mi definisco un “allenatore mentale”).

In realtà sappiamo dal mito che Dedalo conosceva due modi per uscire dal labirinto: un gomitolo di lana rosso oppure il cielo.

Egli infatti sceglierà questa seconda via per sé e per il figlio, quando Minosse (incazzato nero per il tradimento) li rinchiude nel labirinto dopo la fuga di Teseo.

Da bravo architetto, costruisce delle ali di cera e delle piume e si alza al di sopra della prigione-labirinto, volandosene lontano.

Il fatto che Icaro non abbia ascoltato il padre e sia volato troppo in alto, vicino al sole, è un altro discorso (un mito è come una Matrioska: dentro ci trovi sempre un sacco di simboli e di significati).

Per concludere, quando ti trovi affannato dentro al tuo labirinto mentale hai tre scelte:

  1. rimanerci dentro
  2. usare il filo della presenza
  3. uscire dalla mente (pensiero orizzontale) tramite la presenza nel qui e ora (pensiero verticale).

 

Se non consideriamo la prima (che non è una soluzione, quanto una schiavitù), le altre due scelte hanno a che fare con la presenza.

Queste indicazioni non sono speculazioni filosofiche, ma vere e proprie soluzioni.

La prossima volta che ti capita di perderti dentro la tua testa, non affannare gli altri con il tuo labirinto. Pratica la presenza a te stesso. E se non sai come si fa, allenati.

Ne va della tua libertà mentale (e di quella degli altri).

 

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P.S. Il tema della presenza è più comprensibile nella pratica di quanto lo sia nella teoria. Se hai bisogno di approfondire, fai un fischio o manda un piccione viaggiatore. I miei contatti li hai tutti.

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ECCO COSA TI SERVE

ECCO COSA TI SERVE

 

“Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono.”
William Blake

 

 

Per camminare in montagna ti servono:

  • un paio di buone scarpe
  • abbigliamento tecnico: traspirante d’estate, caldo ma leggero d’inverno
  • uno zaino
  • una borraccia
  • una torcia
  • un po’ di frutta secca e di cioccolato
  • una bussola
  • un parapioggia
  • un kit medico essenziale
  • una cartina se sei un tipo old style
  • il telefono con un’applicazione di sentieri di montagna se sei un amante della tecnologia

 

Per escursioni più “estreme” (ferrate o arrampicate):

  • caschetto
  • imbrago
  • corda
  • mollettoni
  • piccozza e ramponi (d’inverno)

 

Forse non hai mai fatto trekking, preferisci la pigrizia del mare.

Forse l’hai fatto solo qualche volta, o forse sei un appassionato come me.

In ogni caso, sei già abituato a camminare e a scalare montagne, solo non te ne sei reso conto.

La vita è come una montagna da conquistare.

Le montagne non sono tutte uguali, alcune sono più docili e meno impegnative, altre sono più impervie e seduttive.

La facilità di ascesa è inversamente proporzionale alla bellezza del panorama che la sua vetta ti permetterà di ammirare. Normale che sia così, mica uno scala l’Everest per godersi un paesaggio banale.

La stessa cosa succede con la vita.

Più impegnative sono le vette che vuoi raggiungere, più sarà gratificante il tuo paesaggio interiore.

Ma non sono qui a parlare dell’ovvio.

 

Vediamo invece cosa ti serve per scalare la tua cima:

  • un giusto atteggiamento: è la base della tua stabilità. Ti aiuta a non perderti d’animo quando incontri difficoltà
  • pensieri su misura: ambiziosi quando devi porti un traguardo, umili quando lo raggiungi
  • un cervello sgombro da roba inutile: potrai riempirlo con quello che incontri durante il viaggio
  • pochi amici fedeli dai quali (o con i quali) dissetarti
  • una grande dose di fiducia: rischiara i momenti bui
  • buoni libri di cui nutrirti
  • obiettivi chiari per non perderti
  • ottimismo di fondo per quando piove
  • consapevolezza per sanare le tue ferite
  • un diario di bordo su cui annotare preziose indicazioni

 

Se poi la tua vetta assomiglia all’Everest, ti consiglio anche di valutare:

  • la meditazione: protegge la tua testa da pensieri inutili
  • una formazione continua (di ottima qualità): arricchisce il tuo spirito
  • un allenamento mentale personalizzato
  • della pratica quotidiana (fisica e mentale)
  • grande tenacia e tanta perseveranza per continuare a salire
  • una sana capacità di stare nel disagio (per gli inverni del cuore)

 

Non siamo tutti dei Messner, ma tutti dobbiamo arrivare alla nostra cima.

Se non sei attrezzato per il viaggio, rischi di non arrivare o, peggio, di farti male, molto male.

Da anni accompagno viaggiatori a scalare le montagne della vita. E mi assicuro sempre che siano ben equipaggiati.

Il mio è un lavoro bellissimo: ogni volta ammiro paesaggi interiori mozzafiato.

 

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P.S. Trovare un GPS che mi permettesse di viaggiare all’interno dell’anima delle persone non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta. È davvero uno strumento fantastico, altro che bussola! (qui lo spiego in dettaglio).

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SCOLPIRE PERSONE

SCOLPIRE PERSONE

 

“Ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo.”
Michelangelo Buonarroti

 

 

Il vero te stesso si nasconde sotto strati di condizionamenti e maschere.

Quand’è stata l’ultima volta che ti sei permesso di essere te stesso in maniera integrale?

Eppure questa dovrebbe essere la normalità.

Camminiamo tutti nel mondo dentro i nostri gusci protettivi, prigionieri del marmo, incapaci di uscire per respirare a pieni polmoni. La metafora della statua rende bene l’idea.

Un giorno, qualche anno fa, un mio cliente dopo una sessione individuale mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “tu scolpisci persone”.

La sua frase mi trafisse.

Nessuno mai come lui aveva colto l’essenza del mio lavoro, nemmeno io in verità. In quel momento capii l’enorme responsabilità che era racchiusa nel mio scalpello, ossia nelle mie parole.

La definizione mi piacque talmente, che decisi di usarla sempre per descrivere il mio lavoro. Ecco perché la trovi nella bio.

 

Un bravo marmista conosce la materia. Sente dove cederà al suo assalto perché l’incisione è già presente nel blocco e aspetta solo di essere rivelata; lo scultore, con precisione quasi millimetrica, ha intuito quali sembianze assumerà l’opera che solo gli ignoranti credono sia frutto della sua volontà. E invece lui non fa altro che svelare: il suo talento, infatti, non consiste nell’inventare forme, bensì nel rendere manifeste quelle che erano invisibili”.

 

Queste parole sono di una scrittrice contemporanea francese, Muriel Barbery. Rendono bene l’idea di come ci si dovrebbe approcciare alla sacralità di una persona.

Pensa per esempio a un’insegnante o a un educatore: quanto è realmente impegnato a rendere manifeste le qualità ancora invisibili del bambino? O piuttosto è concentrato a riempire di nozioni e di dogmi il suo povero cervello ancora plasmabile?

Lo stesso vale per un coach, per un manager o per uno psicologo. In genere per tutte quei professionisti che “lavorano” sulle persone e con le persone.

L’approccio dovrebbe essere proprio quello di uno scultore: svelare la bellezza e il talento nascosti di un individuo. Ma per fare questo ci vuole consapevolezza. E molto cuore.

Invece siamo sommersi da protocolli, da frasi motivazionali del lunedì mattina e da “santoni” che non conoscono minimamente come funziona un essere umano (e il cosmo annesso).

Voglio dire, tutte cose bellissime quelle motivazionali, ma prive di qualsiasi  applicazione pratica.

Non esiste un modo giusto di essere o di agire. Ne esistono molti.

Conoscere l’animo umano significa penetrare lo strato di marmo per intravedere la perfezione. E farla uscire.

Ci sono molti strumenti per farlo.

Uno di questi è il Codice Umano, uno modo sofisticato e affascinante per “leggere” le persone sotto gli strati di condizionamenti e maschere (vai all’articolo dedicato).

Penso che il senso di questa nostra esistenza sia proprio quella di fare della nostra vita un’opera d’arte, una scultura bellissima.

Togliere gli strati superflui significa vincere le paure, superare il giudizio (di se stessi in primis), sciogliere i nodi, lasciar andare il rancore, accogliere la propria natura, fare pace con l’autostima, sfidare gli ostacoli e onorare la propria bellezza. Cosette da niente insomma.

Lo so, le frasi motivazionali sono più comode: assomigliano al sofà di casa quando guardi la tua serie preferita su Netflix.

Però, mentre stai adagiato sopra il tuo ozio, la vita scorre. E tu rimani intrappolato dentro il tuo blocco di marmo.

Che tu prenda in mano lo scalpello o che tu lo faccia prendere in mano ad altri, non indugiare a lungo sotto i tuoi strati di materia superflua.

Potresti morire asfissiato dal conformismo.

E sarebbe davvero un peccato mortale.

 

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P.S. Hai due opzioni per realizzare la tua opera d’arte. O impari l’arte di scolpirti da solo (si può fare, basta conoscer l’ABC del lavoro su di sé e in questo posso aiutarti), o scegli un bravo scultore che lo faccia insieme a te (e anche in questo posso aiutarti). Volevo solo essere chiara, in tutti i sensi.

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