“La mente è un labirinto. Il modo in cui ci avventuriamo dentro di esso ci fa capire la natura dei nostri pensieri. Il modo in cui troviamo l’uscita ci fa capire
l’essenza della nostra anima.”
Luca Doveri

 

 

Teseo, figlio del re di Atene, è un gran bel pezzo di ragazzo.

Muscoloso, ardito, temerario e sprezzante della paura. Ecco la descrizione di chi trova il coraggio, secondo il mito, di affrontare il Minotauro e di sconfiggerlo, infliggendogli la morte.

Ma completiamo lo scenario.

Minosse, re di Creta, fa costruire un enorme labirinto nel suo palazzo di Cnosso, con lo scopo di far imprigionare il terribile Minotauro, una creatura mitologica per metà uomo e metà toro.

Il Minotauro è insaziabile e si ciba volentieri di carne umana.

Per vendicarsi di un torto subito (alcuni Ateniesi gli avevano ucciso il figlio), il Re di Creta esige da Atene un prezzo da pagare: sette fanciulli e sette fanciulle per sfamare il famelico mostro.

Peccato (per il mostro) che uno di quei sette fanciulli sia proprio Teseo, figlio del Re di Atene Egeo.

E qui la storia diventa interessante.

Teseo, appena arriva a Creta, si innamora di Arianna, figlia del re Minosse.

Arianna, trasportata dalla passione, su suggerimento di Dedalo tradisce il padre e dona un gomitolo di lana rossa al giovane, con lo scopo di guidarlo fuori dal labirinto, una volta uccisa la bestia (Dedalo è l’architetto che aveva ideato il labirinto).

Non ti racconto i dettagli e il finale della storia, vattela a cercare in internet o meglio leggila da un libro.

Ti dico solo ciò che serve al nostro scopo.

Teseo, una volta ucciso il Minotauro, riesce ad uscire dal labirinto grazie al filo di lana rossa.

 

Cosa rappresenta il filo rosso? Cos’è il labirinto?

 

Ogni mito nasconde in sé delle belle verità. Il suo linguaggio è simbolico e parla solo a coloro che sono disposti a mettersi in ascolto (e sono davvero pochi).

Quando ero al liceo, non capivo davvero il senso e l’utilità della Mitologia, anche se mi appassionavano le storie in sé. La comprensione è arrivata più tardi, con gli anni, con l’esperienza e con un lavoro assiduo dentro di me.

La storia del labirinto e del filo di Arianna sembra stata scritta per noi occidentali (e in effetti lo è).

Viviamo compulsivamente dentro il labirinto della nostra mente e solo rare volte ci affacciamo a una finestra che, puntualmente, viene subito richiusa. Quasi avessimo paura della luce.

Ehi tu, ma riesci a respirare? Non ti senti soffocare tra i pensieri ripetitivi, gran parte delle volte inutili?

Recriminazioni, sensi di colpa, paure, rimpianti, rancori, avversioni, tormenti, indecisioni, grovigli continui di impulsi elettrici e neuroni iper eccitati.

Ti serve un filo di Arianna.

Il filo di Arianna è lo stato di presenza a te stesso.

È quando riesci a “vedere” i pensieri che girano dentro la tua testa come le palline dentro un flipper. È quando riesci a scartare un pensiero inutile e a sceglierne uno utile. In sintesi, è quando agisci secondo un principio di “terzietà” rispetto ai tuoi pensieri (come dice un mio cliente).

Il filo della presenza ti permette di non perderti dentro il labirinto e ti assicura l’uscita: fuori c’è una distesa bellissima, fatta di pace e di silenzio.

Chi è avvezzo alla pratica della presenza te lo può confermare.

Il silenzio dentro la scatola cranica è un lusso che puoi permetterti anche tu, a patto che tu faccia qualcosa per iniziare a praticare.

Lo stato di presenza è come un muscolo: va allenato (ecco perché mi definisco un “allenatore mentale”).

In realtà sappiamo dal mito che Dedalo conosceva due modi per uscire dal labirinto: un gomitolo di lana rosso oppure il cielo.

Egli infatti sceglierà questa seconda via per sé e per il figlio, quando Minosse (incazzato nero per il tradimento) li rinchiude nel labirinto dopo la fuga di Teseo.

Da bravo architetto, costruisce delle ali di cera e delle piume e si alza al di sopra della prigione-labirinto, volandosene lontano.

Il fatto che Icaro non abbia ascoltato il padre e sia volato troppo in alto, vicino al sole, è un altro discorso (un mito è come una Matrioska: dentro ci trovi sempre un sacco di simboli e di significati).

Per concludere, quando ti trovi affannato dentro al tuo labirinto mentale hai tre scelte:

  1. rimanerci dentro
  2. usare il filo della presenza
  3. uscire dalla mente (pensiero orizzontale) tramite la presenza nel qui e ora (pensiero verticale).

 

Se non consideriamo la prima (che non è una soluzione, quanto una schiavitù), le altre due scelte hanno a che fare con la presenza.

Queste indicazioni non sono speculazioni filosofiche, ma vere e proprie soluzioni.

La prossima volta che ti capita di perderti dentro la tua testa, non affannare gli altri con il tuo labirinto. Pratica la presenza a te stesso. E se non sai come si fa, allenati.

Ne va della tua libertà mentale (e di quella degli altri).

 

Semper ab Intra Age

 

P.S. Il tema della presenza è più comprensibile nella pratica di quanto lo sia nella teoria. Se hai bisogno di approfondire, fai un fischio o manda un piccione viaggiatore. I miei contatti li hai tutti.

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco Manager e Professionisti nella creazione dei talenti umani all’interno della loro squadra di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

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