Meno distinti e distanti e più d’istinti e d’istanti!

 

“Ciò che per una persona può essere una distanza di sicurezza,

per un’altra può essere un abisso.

Haruki Murakami

 

Non esultare, ti vedo che sei ottimista, siamo ancora molto lontani dall’aver sconfitto il virus!

Ovviamente non sto parlando del virus di cui parlano tutti, ma di quel virus mentale che ti sta lentamente ma inesorabilmente friggendo il cervello (e per chi ha seguito i miei ultimi articoli questo risulta evidente).

Fin dall’inizio continuo a dire che gli effetti più gravi di tutta questa incredibile storia li vedremo tra un po’ di tempo.

 

Tu (come la maggior parte delle altre persone) stai guardando dalla parte sbagliata: pensi che il rischio di morte fisica sia il male peggiore, quando parallelamente sta succedendo qualcosa di ben più grave.

 

In vero alcuni sintomi della malattia sociale in atto sono già ben evidenti a chi ha occhi per vedere.

Al di là dei seri dubbi che nutro sul distanziamento sociale come strategia per isolare il virus (e al di là dei seri dubbi che nutro su molte altre cose relative a questa pandemia), ti sei chiesto che effetto può avere questo comportamento sulla tua psiche? O su quella di un bambino?

Ovviamente no, perché non sei interessato alla tua salute mentale, emozionale e spirituale quanto alla sopravvivenza del tuo sacco di carne.

 

Praticamente tu sei già morto e non lo sai.

 

Non è stato questo virus a ingabbiarti dietro alle mascherine. Semmai il virus ha portato alla luce maschere e corazze che già indossavi.

Non è stato il virus a impedirti di toccare a mani nude l’altro. Ha solo evidenziato la tua incapacità a una stretta intimità che già avevi da tempo.

Non è stato il virus ad allontanarti dalle persone. Hai già messo le distanze  quando hai iniziato a esprimere i tuoi sentimenti attraverso parole digitate in una tastiera, dietro a schermi e a maschere di plastica, a visi irrigiditi da troppo silicone mentale.

Insomma, l’isolamento era già in atto da qualche decennio, nascosto dietro alla comodità di un fondoschiena seduto di fronte a uno schermo.

Esattamente da quando, al rischio di esporti in prima persona nella vicinanza, tu hai sostituito la sicurezza di una distanza voluta.

Al virus possiamo solo dare il merito di aver scoperchiato il vaso di Pandora.

La cosa allucinante è che stai giustificando e dando per scontato un comportamento sociale come quello del distanziamento (totalmente inutile per contenere il contagio) che si rivelerà così velenoso da annientare la tua salute psico-fisica.

In nome della sicurezza. In nome della velocità e del progresso. In nome della comodità.

Bene, ora che sei vivo, comunichi velocemente (risparmiando tempo che poi sprechi sui social) e comodamente dalla sedia del tuo studio o dal divano del tuo salotto, ti faccio una domanda: sei felice e realizzato?

Non mi sembra proprio.

Assomigli molto a un vegetale appassito per la troppa aridità.

Lo so, scrivo cose forti e destabilizzanti. E questo ti dà fastidio.

Ma il lavoro sporco lo deve pur fare qualcuno! Qualche voce fuori dal coro impedisce alla melodia di finire per essere una nenia ipnotizzante.

Quando esco di casa e incontro un amico che non vedo da tempo, rabbrividisco al suo rifiuto di fronte al mio abbraccio.

E che dire di bambini obbligati a un braccialetto al polso per assicurare il distanziamento sociale?

Orrore.

Voi non state bene.

In questi frangenti capisco che probabilmente il genere umano è già fottuto.

Ma io sono una inguaribile ottimista.

Continuo a tifare per quella parte imprevedibile che fa dell’essere umano una pedina incontenibile.

Dai, ce la possiamo fare.

 

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