“Non solo Umanismo, ovvero essere usati o semplicemente aiutati dalla scienza, ma anche Umanesimo, cioè capire il senso, avere il fine.”
Roberto Vecchioni

 

L’altra settimana parlavo con Daniele, dovevamo definire i dettagli di un progetto che stiamo curando insieme.

Daniele, mente brillante e genio del digitale (come amo chiamarlo io), mi raccontava delle sue ultime esperienze formative, rivolte all’evoluzione delle tecnologie nell’industria.

Io ascoltavo a bocca aperta, come una bambina ipnotizzata da una favola di fantascienza.

Ad un certo punto Daniele se n’è uscito con una frase che ha provocato una scossa elettrica, la quale ha attraversato la mia colonna vertebrale dall’alto al basso. Ormai sono abituata a questi segnali del mio corpo; si producono quando viene detta una grande verità.

Altro che industria 4.0, ai nostri giorni, con quello che sta accadendo,  dobbiamo iniziare a discutere di Umanesimo 3.0!”.

Da lì è iniziata una piacevole conversazione che ci ha trattenuto per un’altra ventina di minuti (gli impegni potevano attendere).

 Ogni giorno ci troviamo a fare i conti col fatto che la tecnologia è sempre più invadente nelle nostre vite.

 Ma la tecnologia rappresenta un mezzo, non un fine.

 Ce lo stiamo forse dimenticando?

Sono d’accordo, la vita on line offre dei grandi vantaggi in termini di tempo e di comodità. Ma il rischio di venirne risucchiati è grande.

Il “faccio tutto da casa con un comodo clic” rischia di produrre soggetti deboli, pigri e alienati. E i primi risultati sono evidenti sotto gli occhi di tutti.

Immagino che nel tuo lavoro la tecnologia sia fondamentale, soprattutto in tempi avversi come questi.

Ma la riflessione che ti invito a fare vuole andare in profondità e ti permette di porre l’attenzione su quello che, alla fin fine, è il cuore del tuo business: i rapporti umani.

Ha ragione Daniele: dobbiamo iniziare a considerare un Umanesimo 3.0.

Perché, alla fin fine, dietro allo schermo, tra i messaggi, i post di LinkedIn e le mail quotidiane c’è sempre una sola cosa: saper comunicare, cioè saper toccare il cuore di qualcuno, anche se per un certo tempo (spero limitato) siamo costretti alla distanza fisica.

I tuoi uomini, i tuoi clienti, la tua segretaria e i tuoi fan sui social sono esseri umani con una ricchezza interiore raramente compresa o esplorata (anche da loro stessi).

Non possiamo dimenticare questo aspetto: una macchina è una macchina, un uomo è un uomo.

Sappiamo accendere e far funzionare un computer e non sappiamo nulla del mondo interiore delle persone.

Non scarichiamo addosso alla tecnologia la responsabilità che compete a noi, rendendo ancora più vuota una vita che rischia di perdere di significato.

Ben vengano riunioni on line, scambi commerciali e comunicazioni veloci.

Tuttavia non devi dimenticare il potere e l’effetto della classica pacca sulla spalla o dello sguardo che che lanci a un tuo collaboratore: quanta comunicazione non verbale ci stiamo perdendo per strada?

Non sono certo un’anacronistica presenza su questo pianeta. Amo la tecnologia e tutte le possibilità (fino a qualche decennio fa impensabili) che essa ci offre.

Ma credo ancora nell’uomo sapiente che la sappia usare e che non ne sia usato o, peggio, abusato.

Perché se la velocità rimane il metro di parametro più importante con cui definisci la qualità del tuo lavoro, allora stai sbagliando qualcosa.

Sogno un mondo di uomini saggi che, supportati dalla più potente tecnologia, compiano grandi cose per un bene comune.

Ma l’incubo di un mondo alienante e alienato governato da una tecnologia sterile fine a se stessa è quanto mai in agguato.

Siamo in un momento di grande cambiamento epocale.

A tutti noi la responsabilità di costruire un mondo migliore, non solo più tecnologico ed innovativo.

E un mondo migliore non può che essere fatto da esseri umani migliori.

La prossima volta che ti troverai a usare la tecnologia per interagire con i tuoi collaboratori, ricordati di queste parole.

Il successo dell’Umanesimo 3.0 dipenderà anche da te e dalla tua capacita di sviluppare consapevolezza.

 

Semper ab Intra Age

Chiara Pierobon

Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Formo e affianco i Manager illuminati nella creazione dei talenti umani all’interno del loro team di lavoro.

chiara.pierobon@ilmetodor.it
www.ilmetodor.it

IT EN