“Giudicare è un’illusione, perché, se dovete giudicare, vi servite della vostra scala di valori. Dietro al giudizio si cela l’idea che siamo tutti identici”.
Swami Prajnanapada
Ci capita mai di non giudicare?
Non è una domanda banale, visto che il giudizio è un meccanismo talmente automatico nell’essere umano, che la sua assenza è un’eccezione, non certo la regola.
Non siamo qui a discutere su cosa sia giusto o meno. Amo pensare che ognuno abbia la maturità spirituale per crearsi la propria morale (di cui poi risponderà in prima persona).
Ma il funzionamento della propria mente, quello sì che va sondato, studiato, capito e governato. A meno che uno non voglia vivere come un burattino in balia dei propri meccanismi interiori.
Quante volte ci capita di non capire un comportamento di qualcuno e di giudicarlo? Quante volte ci capita di giudicare noi stessi?
Giudizio deriva dal latino iudicium che a sua volta deriva dal sostantivo iudex, giudice.
Ogni volta che facciamo un’affermazione che supera la semplice constatazione di fatto, stimo esprimendo un’opinione, un apprezzamento o una sentenza negativa. In altre parole, stiamo assumendo un ruolo di giudice.
Allora la mia domanda (provocatoria) è: come possiamo giudicare ciò che non comprendiamo?
Sì perché spesso noi giudichiamo comportamenti e persone delle quali ignoriamo difficoltà, paure, sogni, emozioni e aspirazioni. Praticamente di cui non sappiamo nulla. E questo vale anche quando il giudizio è rivolto verso noi stessi (molto spesso siamo spettatori inconsapevoli di ciò che vive nel nostro profondo).
È che ci hanno insegnato a ragionare per stereotipi.
Un essere umano deve avere successo, dedicare il suo tempo solo al lavoro, fatturare il doppio dell’anno precedente, avere una bella famiglia, comprarsi una macchina di prestigio e comunicare con frasi motivazionali di plastica nei social (meglio se accompagnate da un selfie dal quale traspare l’inutile narcisismo).
Tutto il resto va condannato da un impietoso giudizio.
Se pensi che io esageri, probabilmente hai ragione. Ma si tratta di una caricatura di quella che è una misera realtà quotidiana.
Riusciamo ad esprimere un parere senza giudicare? Si chiama discernimento.
Ci vuole consapevolezza. E tanto allenamento.
La comprensione porta discernimento
Quando impariamo a comprendere a fondo qualcuno (o i nostri stessi meccanismi interiori), il giudizio si scioglie come neve al sole. Provare per credere.
Ognuno filtra il mondo e i gli avvenimenti attraverso la propria bolla di realtà, attraverso il filtro del proprio giudice interiore. Uscire da quella bolla e da quel filtro significa fare un passo verso la reale comprensione dell’altro e di se stessi.
Esistono vari metodi e vari approcci per studiare l’essere umano, ma nessuno è interessato a insegnarli o ad apprenderli. Non ci interessa capire l’altro (o noi stessi).
Non va di moda insegnare alle persone come funziona un essere umano, non gli si spiega che è composto di tre corpi (fisico, emozionale e mentale) e che ognuno è qui per evolvere se stesso. Però studiamo e ci formiamo sul funzionamento di un software o sui procedimenti di come generare nuovi contatti di vendita.
Assurdo.
L’ignoranza sull’essere umano genera il giudizio. Ecco perché Krishnamurti diceva che la più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare.
Se l’ignoranza sull’essere umano generasse solo il giudizio sarebbe poca cosa, ma le conseguenze di questa mancata educazione fa danni ben più gravi. Ma questa è un’altra (triste) storia.
La mente è giudicante di per sé, perché deve discernere ciò che è buono da ciò che è cattivo (e in un’ottica di sopravvivenza della specie, questo ha perfettamente senso).
Ma quando il giudizio coinvolge anche il corpo emozionale e ci trascina in una spirale di emozioni negative è tutta energia sprecata.
Conosci, discerni e governa le tue emozioni.
Allora sarai una persona felice e realizzata. Altro che fatturato.
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Chiara Pierobon
Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.