“Non dimentichiamo che le piccole emozioni sono i grandi capitani della nostra vita e che obbediamo a loro senza saperlo”.
Vincent Van Gogh
Siamo come tossici in astinenza nella costante ricerca di sentire qualcosa che scuota dentro, nel bene o nel male.
Senza emozioni non ci sarebbe vita. Quando andiamo al cinema, per esempio, non ci andiamo per vedere una storia, ci andiamo per provare emozioni.
La vita gira così: senza emozioni non possiamo vivere. Da qui l’importanza di imparare a “gestirle” (espressione che non amo molto).
Si parla tanto di gestione delle emozioni. Ma cosa significa in pratica?
Gestire le emozioni
Senza tanto filosofeggiare, gestire le emozioni significa riuscire a sentirle, a provarle nella carne senza però esserne trainato o, peggio, travolto.
Qui sta la sottile ma importante differenza tra gestire un’emozione o reprimerla. Solitamente siamo abituati a reprimere, a nascondere (anche a noi stessi) qualcosa che ci scuote troppo. Ecco perché la maggior parte delle persone è irrisolta: non ha imparato ad avere a che fare con il proprio inferno interiore.
Le emozioni sono dei programmi biologici necessari per la sopravvivenza.
Dalle peggiori e più pesanti (rabbia, paura, frustrazione, solo per citarne alcune) alle più piacevoli e leggere (gioia, pace, commozione, ecc.) le emozioni sono necessarie e funzionali al benessere fisico o psichico di tutti noi.
Le emozioni sono dei programmi che servono per far funzionare al meglio la nostra “macchina biologica”.
Alcune hanno lo scopo di salvarci la vita, altre di nutrire il nostro spirito.
Quello che voglio dire è che non possiamo esimerci da esse, né possiamo fingere che le emozioni non facciano parte del nostro carnet personale. Ci sono state date in dotazione all’inizio, anche se (ahimè) senza il libretto di istruzioni.
E qui sta la sfida.
Biologia vs Morale
Lavoro nel campo della crescita personale da tanti anni e la tendenza è spesso quella di restare sulla comoda superficie, evitando a tutti i costi gli abissi della profondità, quegli stessi abissi popolati da mostri e da draghi, ossia dalle nostre “peggiori” emozioni (la metafora di San Giorgio che uccide il Drago è piuttosto eloquente e dovrebbe per lo meno farci riflettere).
Se da una parte questo atteggiamento di fronte alle emozioni è comprensibile, dall’altra parte modella esseri umani fragili, privi della capacità di avere a che fare con se stessi e con i propri mostri interiori.
Saper gestire le emozioni (tema delicatissimo quanto importantissimo) presuppone il fatto di saperle accogliere dentro di sé.
Normalmente emozioni come rabbia, frustrazione, tristezza, sofferenza ecc. (che hanno il loro preciso significato biologico) vengono rimosse o represse, sia perché non sono facili da portare appresso, sia perché vengono uccise sul nascere dalla morale comune con un semplice “non sta bene”.
Ma alla biologia non gliene frega niente della morale di noi piccoli uomini.
Come uscirne?
Il primo passo da fare è quello di non voler fuggire ad ogni costo dalle emozioni spiacevoli che abitano dentro di noi.
Un esempio pratico.
Se sei attraversato da uno tsunami di rabbia, non fare yoga, né qualsiasi altra tecnica che ti permetta di ritrovare subito uno stato (fittizio) di pace.
Ma come prima cosa “stai” semplicemente sull’emozione, come staresti su un’amaca all’ombra d’estate. Trova o crea un momento tutto tuo nel quale tu possa osservarla, ascoltarla e sentirla muoversi dentro di te.
Se fai bene questo esercizio, vedrai nascere dentro di te una sorta di testimone che ti permetterà di osservare la scena. Questo è un passaggio fondamentale, atto a creare un DISTACCO tra te e l’emozione. Potremmo dire che in quel momento tu da attore diventi regista del tuo film personale, cioè della tua vita.
Non giustificare con il raziocinio la tua emozione, non castrarla con il tuo giudizio, semplicemente ascoltala e accoglila. Devi staccare la testa dall’emozione.
In questo semplice ma difficile passaggio interiore sta il segreto per una corretta gestione delle emozioni: non rimuovere, non reprimere, non giustificare. Semplicemente accogli e stai.
Allora sarai in grado di trasmutare il tuo odio in perdono, la tua tristezza in accettazione e la tua paura in coraggio.
Senza questa capacità di “contenere” e di “lavorare” le emozioni, siamo solo in grado di proiettarle come missili all’esterno. E sai cosa succede se continuiamo a bombardare l’ambiente in cui viviamo con le nostre emozioni non contenute?
Ci ritroveremo presto a vivere in un deserto (e poi ci lamenteremo che gli altri sono stronzi).
Se invece di proiettarle all’esterno le facciamo implodere all’interno (senza “lavorarle”) il deserto ce lo ritroviamo dentro. E molto probabilmente saremo persone infelici e arrabbiate con il mondo.
Non abbiamo alcuna via di uscita se non quella di attraversare il nostro abisso interiore a caccia dei nostri draghi.
E quando li troviamo, offriamogli da bere.
Semper Ab Intra Age
P.S. È così che ho ammaestrato i miei draghi. Quello che dico arriva sempre dalla pratica.
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Trovi validi suggerimenti per affrontare al meglio questo imminente cambiamento epocale.
Chiara Pierobon
Amo pensarmi come una scultrice mentale.
Con lo scalpello della consapevolezza, lavoro sugli strati di condizionamenti e di maschere per far affiorare la bellezza nascosta delle persone.
Mi occupo di FormAzione Umanistica e progetto Percorsi di Consapevolezza per Professionisti illuminati.